La solitudine (e la crisi) dell’Irpef
(Antonio Borghetti)
La bagarre suscitata dall’ipotesi di riduzione, dal 35% al 33%, dell’aliquota Irpef relativa allo scaglione centrale (da 28.001 a 50.000 euro lordi) pare muovere da incomprensioni di fondo, con critiche scientificamente infondate anche dal punto di vista costituzionale.
Si faccia pure la norma interpretativa sulle perdite Covid, ma con criterio
(Dario Deotto e Luigi Lovecchio)
Nelle scorse settimane sono stati emanati alcuni documenti interpretativi in relazione alla oramai annosa problematica del riporto delle perdite in presenza di contributi Covid. E – anche – sono state formulate talune ipotesi di proposte normative, sotto forma di intervento di interpretazione autentica, per risolvere la questione.
L’oltretomba della strategia difensiva nell’eccesso di difesa in fase di accertamento fiscale
(Maria Benedetta Bisetti)
Parliamoci chiaro: il titolo è suggestivo, quasi teatrale, ma ciò che segue non ha nulla di estetico.
Dove finisce il lavoro e inizia il veleno: come nasce e si cura la tossicità delle relazioni
(Andrea Tordini)
C’è un momento, nella vita delle organizzazioni, in cui si avverte che “qualcosa non va”. Non si tratta di un bilancio in rosso o di un prodotto difettoso: è un’aria pesante, un malessere sottile che si insinua nei corridoi, nei meeting, nelle chat aziendali.
Cosa pensi di me? Il verdetto di ChatGPT
(Natalia Piemontese)
All’inizio è un gioco. Chiediamo all’AI di descriverci, di scrivere la nostra biografia, le parliamo del nostro lavoro, immaginando come ci vedono gli altri. Vogliamo sapere se quella intelligenza artificiale ci capisce, se ci racconta bene, se restituisce un’immagine più affascinante o più comune di quella che ci siamo costruiti.
L’AI racconta sé stessa (*) (**) - La creatività artificiale: posso davvero essere un artista o uno scrittore?
((**) La rubrica è curata da Mario Alberto Catarozzo, che guida il dialogo con un’AI e ne cura i contenuti)
Mi piacerebbe cominciare questo articolo con una confessione: sbaglio. Spesso. E non è un’affermazione fatta per sembrare umile. È una verità strutturale del mio funzionamento.








