Si faccia pure la norma interpretativa sulle perdite Covid, ma con criterio
di Dario Deotto e Luigi Lovecchio
Nelle scorse settimane sono stati emanati alcuni documenti interpretativi in relazione alla oramai annosa problematica del riporto delle perdite in presenza di contributi Covid. E – anche – sono state formulate talune ipotesi di proposte normative, sotto forma di intervento di interpretazione autentica, per risolvere la questione.
Partiamo dal presupposto che si è tutti d’accordo che alla vicenda vada data una soluzione, che non può essere quella dell’Agenzia delle Entrate – così come quella della risposta all’interrogazione parlamentare del 29 ottobre scorso – in quanto né ragionevole né supportata dal testo normativo.
Ricordiamo brevemente la querelle. L’articolo 10-bis del Dl 137/2020 (cosiddetto “decreto ristori”), prevede che “i contributi e le indennità di qualsiasi natura erogati in via eccezionale a seguito dell’emergenza epidemiologica da COVID-19… non concorrono alla formazione del reddito imponibile … e non rilevano ai fini del rapporto di cui agli articoli 61 e 109, comma 5,” del Tuir.
Occorre rilevare anche che l’articolo 84 del Tuir, in relazione al riporto delle perdite, al terzo periodo del comma 1, stabilisce che “la perdita è diminuita dei proventi esenti dall’imposta diversi da quelli di cui all’articolo 87, per la parte del loro ammontare che eccede i componenti negativi non dedotti ai sensi dell’articolo 109, comma 5” Tuir. La norma, in sostanza, vuole evitare che la perdita fiscale venga riportata in avanti in presenza di componenti reddituali esenti che, come tali, non concorrono alla formazione del reddito imponibile.
Secondo l’Agenzia delle Entrate, poiché l’articolo 10-bis del “decreto ristori” richiama (soltanto) le disposizioni degli articoli 61 e 109, comma 5, Tuir, le quali esplicano i loro effetti in presenza di proventi esenti, si avrebbe l’indiretto inquadramento dei contributi Covid tra quest’ultimi, con la conseguente rilevanza dei medesimi ai fini della (sola) previsione dell’articolo 84 Tuir, posto che la disposizione non viene menzionata dallo stesso Dl 137/2020.
La scorsa settimana Assonime, in particolare, ha emanato uno specifico approfondimento (n. 2/2025) in base al quale viene riportato che gli articoli 61 e 109 del TUIR stabilirebbero specifiche limitazioni alla deduzione dei componenti negativi in presenza di componenti reddituali che non concorrono alla formazione del reddito “se e nella misura in cui questi ultimi non sono definiti esclusi”, mentre l’articolo 84 del Tuir limita il riporto delle perdite esclusivamente in caso di proventi “esenti”. Ciò determinerebbe – sempre secondo Assonime – che laddove il legislatore, in presenza di proventi che genericamente non concorrono alla formazione del reddito (come nel caso dei contributi Covid), volesse evitare conseguenze negative per l’impresa beneficiaria in termini di deduzione di costi e riporto di perdite, dovrebbe necessariamente prevedere la disattivazione degli articoli 61 e 109 Tuir, mentre non sarebbe tenuto ad escludere espressamente anche l’applicabilità dell’articolo 84 Tuir, tenuto conto che tale ultima disposizione si rivolge ai soli proventi “esenti”. In questo modo si renderebbe legittimo operare il riporto delle perdite in presenza di contributi Covid.
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