“Algoritmo controllo - Imitation of consciousness” - Episodio 9
di Tommaso Landi
Episodi 1 e 2 Sulle sponde del Lago - La genesi di un’amicizia
Episodio 3 - I grandi della Terra
Episodio 4 - L’ affabulatore
Episodi 5 e 6 - L’incontro - I cieli di Turner
Episodio 7 - La genesi
Episodio 8 - Il dubbio
Episodio 9 -Sospetti
Como, 15 settembre.
«Morto? Matteo ma ne sei certo?» disse Dellandito incredulo.
«Sono scioccato quanto te.»
«Avremmo dovuto vederci questa sera, c’era qualcosa che lo preoccupava terribilmente.»
«Forse anche troppo, pare sia stato un infarto.»
Dalla sala Colonne in pochi istanti Di Lauri e Dellandito avevano raggiunto la camera di Cho nell’ala principale dell’albergo.
«Cosa ci fanno tutti questi curiosi qui? Perché non avete chiuso l’accesso al piano, chi vi ha addestrato, Heidi?» Dellandito tuonò contro i membri della sicurezza svizzera che formalmente erano al suo comando, ma che aveva conosciuto solo poche ore prima.
«Chiudete tutto! Lei chi è, cosa ci fa qui?»
La domanda brusca e tagliente era stata rivolta a un uomo alto con i capelli color cenere pettinati con cura.
La sua pelle, già chiara per natura, ora risultava spettrale, gli occhi grigi erano vacui e nell’insieme dava l’impressione di essersi rattrappito nel suo elegante abito gessato, che sembrava pendergli addosso.
«Malcolm Hargreaves» rispose l’uomo.
«Come?»
«Sono Sir Malcom Hargreaves, la mia camera è accanto a questa.»
«Bene, allora esca subito di qui e mi aspetti in corridoio, dovrò rivolgerle qualche domanda.»
Di Lauri dopo la sfuriata osservava la scena in silenzio, soppesando le conseguenze che quella situazione avrebbe avuto sullo svolgimento del forum. Fu allora che Dellandito gli si avvicinò, parlandogli con tono basso, ma deciso:
«Teo, ascoltami bene. Cho aveva subito un intervento al cuore, è vero, ma era riuscito perfettamente. I chirurghi stessi avevano parlato di un recupero straordinario. Non solo, da allora si sottoponeva a controlli regolari, quasi ossessivi. Ogni sei mesi check-up completi, cardiologi tra i migliori al mondo. Era monitorato in continuazione.»
Di Lauri lo fissò, come se stesse cercando un appiglio. «Vuoi dire che un infarto…non è credibile?»
«Voglio dire che è molto, molto improbabile», Dellandito serrò la mascella, lanciando uno sguardo severo verso la porta della camera dove ancora si affollavano curiosi e personale, «troppo sospetto per liquidare velocemente la faccenda, soprattutto visto il motivo per cui è venuto fin qui, non gli interessava il forum, voleva parlarmi di un grave problema.»
Un silenzio pesante calò fra i due. Poi Di Lauri annuì tristemente, come se avesse appena compreso di dover analizzare scenari più inquietanti di quelli che pensava di affrontare. Per cercare comunque di sgombrare il campo dai dubbi a voce bassa tentò di nuovo di convincere l’amico. «Ma i paramedici hanno detto che è stato un infarto.»
«Ti ripeto, Cho era seguito in maniera maniacale. Ogni minimo parametro sotto controllo grazie a un moderno sistema di telemetria. Non era un uomo che poteva crollare così, all’improvviso. Non per un infarto.»
Di Lauri, pallido, si massaggiò la fronte. «E allora cos’è successo?»
«È quello che dobbiamo scoprire. Ma non lasciarti ingannare dalle apparenze, questa storia non regge.»
Il silenzio che calò tra i due fu interrotto dal brusio dei presenti nel corridoio.
Poi Di Lauri si raddrizzò, lo sguardo duro, la voce ferma «Allora imbecilli, volete allontanare tutti, di cosa avete bisogno, di una bolla papale per eseguire un ordine?»
«Cosa intendi fare?»
«Per prima cosa controllerò le telecamere di sicurezza. Voglio vedere ogni singolo movimento su questo piano nelle ultime tre ore. Se qualcuno è entrato o uscito da questa stanza, lo sapremo.»
Dellandito annuì, approvando. «È una mossa sensata.»
I due uscirono dalla camera e in fondo al corridoio ormai deserto trovarono Hargreaves ad attenderli.
L’uomo, recuperato il suo savoir faire, ora aveva un contegno glaciale nonostante la tensione.
«Sir Hargreaves», disse Dellandito con un tono che era insieme formale e minaccioso, «lei ha detto di trovarsi nella camera accanto. Ha notato qualcosa di insolito?»
L’uomo si aggiustò i polsini della camicia che spuntavano candidi dall’abito gessato prima di rispondere. «Nulla che possa essere utile, temo. Però…» si interruppe un istante, come se stesse valutando l’opportunità di parlare, Di Lauri lo incalzò, «però cosa?»
Hargreaves abbassò la voce, con un’espressione grave. «Nulla, oggi non ho notato nulla, però mesi fa, a Davos, io e Cho abbiamo avuto un confronto piuttosto acceso, era sul tema dell’intelligenza artificiale, lo stesso tema su cui questa sera tutti noi dovremo esporre il nostro orientamento. È stato un dibattito privato ma molto intenso. Lui si era dimostrato… eccessivamente ostile nei confronti di Varga, o meglio in un primo tempo la sua ostilità si era concentrata sulla futura visione del mondo che sostiene Varga, poi però…».
Di nuovo l’uomo si mostrò reticente.
Di Lauri insistette «Non mi faccia perdere la pazienza, dica ciò che deve dire»,
«quella sera a Davos a un certo punto Varga si uni alla conversazione»
Il nome cadde tra i tre come un macigno. Dellandito aggrottò la fronte. «Varga? Vuole dire che Cho e lui…?»
«Oh, sì», rispose Hargreaves con un mezzo sorriso amaro, «tra loro c’era una tensione palpabile. Non si trattava solo di divergenze accademiche, credetemi, i due arrivarono quasi alle mani, penso che evitarono di scontrarsi fisicamente solo perché Varga ha una repulsione per il contatto, ma le minacce che si scambiarono non sembravano per nulla lanciate a vuoto.»
Gli occhi di Di Lauri e Dellandito si incrociarono, entrambi consapevoli che quella rivelazione non poteva essere ignorata.
«Cerchi di essere più preciso», lo incalzarono i due all’unisono.
Hargreaves socchiuse gli occhi, come se un ricordo lontano lo stesse trascinando via da quel corridoio dell’albergo. La sua voce si fece più lenta.
«Più o meno tutti quelli che potete incontrare oggi qui, lo scorso inverno erano anche a Davos. Era una di quelle giornate in cui la neve non smetteva di cadere, lieve, ma ostinata.
Le strade si erano trasformate in cunicoli bianchi e i rami degli abeti erano piegati dal peso della coltre.
Davos aveva quell’aria sospesa che hanno solo le città di montagna nel cuore dell’inverno: una calma irreale, come se il mondo intero lì potesse fermarsi, accucciato sotto la neve.»
Fece una pausa, inspirando come se percepisse ancora l’odore pungente di resina e gelo che impregnava l’aria.
«Eppure, dentro le sale del forum, l’atmosfera era tutt’altro che pacifica. I muri insonorizzati riuscivano appena a contenere il calore delle dispute, tutto era molto diverso dall’atmosfera che si respirava oggi qui, tutto era, come dire, più in bilico.»
«Intende dire che non c’era unanimità sulla visione del futuro che oggi Varga dà per ineluttabile?» chiese Dellandito.
«Esatto e Cho era il capofila di quella tensione… lui era diverso, più teso del solito, quasi irriconoscibile. Ricordo bene la conferenza privata organizzata dal gruppo di investitori che oggi sostengono compatti Varga. Il tema era l’I.A. artificiale, la sua etica, i suoi confini. Ma il dibattito degenerò per colpa di Cho.»
Gli occhi di Hargreaves si fecero più scuri, fissando un punto lontano.
«I Ministro coreano accusò Varga di perseguire un disegno poco chiaro, di non voler creare progresso, ma dominio. Parlava di scenari di controllo, di manipolazione globale. Non usò mezzi termini; lo definì una minaccia per la civiltà. In pubblico, davanti a uomini e donne che contano, davanti a chi era pronto a investire miliardi.»
Un sorriso amaro gli piegò le labbra. «Fu allora che Varga reagì, lui non dimentica, credetemi. Lo vidi con i miei occhi, aveva un’espressione di pietra. Con odio fissò Cho e pronunciò una frase inquietante, visto quello che è successo oggi».
«Cosa disse, che frase?»
Hargreaves abbassò lo sguardo, quasi pentendosi di aver parlato troppo. «Disse: la tua mente sbaglia ma è al tuo cuore che dovresti pensare, a quelle parole Cho sbiancò. Per quel giorno non si vide più, ma dall’indomani divenne il capofila di una cordata di dissenzienti, pensai che si stesse scavando una fossa, naturalmente in senso figurato. La neve di Davos, per quanto abbondante, non riuscì a coprire la durezza degli scontri che si susseguirono nelle varie riunioni. Finito il summit mi ero fatto la convinzione che Cho fosse riuscito a smuovere le coscienze dei partecipanti, penso però che Varga fosse più preoccupato che a spostarsi altrove fossero i loro portafogli».
Il silenzio che seguì le parole di Hargreaves scese fitto come la neve di Davos.
Di Lauri lo ruppe per primo, la voce aspra, incrinata dalla tensione:
«Vuole forse insinuare che quello che è accaduto a Cho questa sera sia legato a Davos? Che qualcuno abbia deciso di chiudere i conti con lui?»
Hargreaves sollevò lo sguardo con una calma che pareva studiata. «Non insinuo nulla, signore. Dico soltanto che Cho aveva scelto un nemico potente. E Varga non è il tipo che lascia scivolare via certe offese, io ho moltissimi pesi sulla coscienza, Cho mi era simpatico, non volevo aggiungerci anche questo, è l’unico motivo per cui ho parlato.»
Dellandito intervenne, incrociando le braccia. «Sono anni che sento storie su Varga. Mezze verità, voci, illazioni. Ma un collegamento diretto con questa morte… è un’accusa pesante, Sir Hargreaves, molto pesante.»
L’inglese serrò le labbra, quasi a sigillare il suo pensiero. «Quello che vi ho detto è quello che ho visto.»
Di Lauri si voltò verso Dellandito, abbassando la voce in un sussurro che però non nascondeva l’ansia. «Se Varga c’entra, siamo su un terreno minato. Occorre muoverci con cautela. Prima di tutto, però, dobbiamo controllare le telecamere: se qualcuno ha combinato qualcosa in quella stanza, lo sapremo.»
Dellandito annuì: «Credo che dovrò sentire anche l’operatore sanitario che è intervenuto, potrebbe darci qualche buona informazione.»



