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Algoritmo controllo – Imitation of consciousness - Episodio 4

di Tommaso Landi

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Blast
ott 25, 2025
∙ A pagamento
24
18
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Episodi 1 e 2 Sulle sponde del Lago - La genesi di un’amicizia

Episodio 3 - I grandi della Terra

L’affabulatore - Episodio 4

Como, 15 settembre

La sala conferenze dell’hotel scintillava sotto i lampadari di cristallo, come se la luce volesse cancellare le ombre annidate negli angoli.

Ma difficilmente le ombre si cancellano e quando le si scaccia si moltiplicano sfuggenti.

Dellandito entrò con nonchalance, salutando con un cenno del capo lo steward all’ingresso della sala, il giusto mix di sicurezza e ammiccamenti gli garantirono un lasciapassare sicuro, il ragazzo non chiese conto della sua presenza lì.

Questo era un vecchio trucco che l’avvocato aveva ormai imparato a padroneggiare con destrezza, in occasioni molto formali ed esclusive l’essere nel posto giusto con un outfit adeguato garantivano insperati lasciapassare.

Adrian Varga stava tenendo il suo discorso. Non era un semplice intervento, l’uomo, allampanato, biondissimo e dai lineamenti taglienti aveva studiato tutto perché le sue parole si scolpissero nella mente dei presenti, ciascun lemma era pronunciato per evocare visioni dipinte come inevitabili, pause e respiri erano stati lungamente provati per dare l’impressione di un discorso a braccio.

Mentre le parole fluivano a riempire il corso pensato per loro, l’intelligenza artificiale si delineava non come una tecnologia, ma come un destino, più simile a una religione che a un algoritmo.

Varga parlava senza quasi mai muovere le mani, fissando un punto preciso sul fondo della sala. I suoi occhi erano concentrati su dettagli invisibili che sfuggivano agli altri.

A tratti il ritmo della voce rallentava, come se dovesse riallineare dentro di sé le parole all’immagine mentale già costruita.

Quelle pause, quella precisione quasi matematica rendevano ogni frase ancora più incisiva, lasciandola decantare nell’immaginario di chi ascoltava.

La performance stupì anche Dellandito che, quasi inconsapevolmente, si unì agli applausi finali.

Gli ospiti, calato il silenzio sul palco, si erano sparpagliati in piccoli gruppi, parlando a bassa voce.

I tumbler di whisky tintinnavano urtando le flûte di champagne, i nodi delle cravatte sgargianti venivano sistemati con nervosismo, lo scintillio mondano era solo una maschera. Sotto quelle cortesi apparenze, ribolliva il vero gioco, spietato e appassionante: il gioco del potere.

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