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Diritto

La Cassazione e la Lex Mitior: arrivano le smentite della CGUE e della Corte Costituzionale

di Alberto Calzolari

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Blast
set 01, 2025
∙ A pagamento
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Il diritto del contribuente alla lex mitior continua a essere al centro dell’attenzione: mentre si sta sempre più consolidando l’orientamento contrario della Corte di cassazione, le Alte Corti hanno iniziato a rispondere (in via indiretta) alle argomentazioni spese dalla Cassazione stessa.

La vicenda è nota ed è stata più volte trattata su BLAST (cfr. A. Carinci, “Sbandamenti interpretativi sul favor rei”, dell’1.7.2025; A. Carinci, “La manifesta incostituzionalità della deroga al favor rei”, del 27.5.2025; D. Deotto, “Anche il cumulo giuridico fa vacillare la deroga al favor” del 5.2.2025; A. Calzolari, “Il favor rei guarda alla CEDU”, del 5.2.2025): la riforma delle sanzioni tributarie, attuata con il Dlgs n. 87/2024, ha disposto, con l’articolo 5, l’applicazione irretroattiva delle modifiche, che anzi sono applicate solo a partire dal 1° settembre 2024. Poiché le modifiche specifiche al Dlgs n. 471/1997 sono generalmente volte a mitigare il trattamento sanzionatorio delle varie fattispecie di violazioni, il diritto positivo (l’articolo 3 del Dlgs n. 472/1997) e i principi enunciati nella Carta costituzionale (articolo 3) e nelle Carte europee sui diritti fondamentali (articolo 49 CDFUE e articolo 7 CEDU) suggeriscono che la scelta compiuta dal legislatore delegato è illegittima, per il patente contrasto con il diritto alla lex mitior, ovvero al trattamento più mite in caso di successione (nel tempo) delle norme sanzionatrici.

Il diritto al favor rei (nell’aspetto in esame, il diritto alla sanzione mitius) può essere fatto valere (ai sensi dell’articolo 3 c. 3 del Dlgs n. 472/1997, conformemente all’articolo 2 c. 4 c.p.) fino a che non sia stata pronunciata la sentenza definitiva, e questo spiega perché la questione riguardi non solo le violazioni contestate a partire dallo scorso settembre, ma anche tutte le violazioni precedentemente accertate, con atti che non sono ancora diventati definitivi. Dunque, la scelta del legislatore delegato è in grado di alimentare un contenzioso di cospicue dimensioni e, infatti, la Corte di cassazione si è già trovata ad esaminare la contestazione della negazione del diritto alla lex mitior per la prima volta in sede di legittimità (ossia in processi in cui il tema non era stato introdotto nei gradi precedenti), evidentemente su fattispecie risalenti a ben prima dello scorso mese di settembre. E, in tre occasioni, ha respinto la richiesta dei contribuenti di applicare il trattamento più mite, precisamente con le sentenze n. 1274 del 19.1.2025, n. 17113 del 25.6.2025 (cfr. altresì le sentenze “gemelle” n. 17111 e 17112 in pari data), e da ultimo con la sentenza n. 23149 del 12.8.2025. La dottrina (quasi) unanime ha già aspramente contestato le argomentazioni con le quali la Corte di cassazione “ha salvato” la negazione del diritto alla lex mitior; la novità del presente contributo consiste nel rilevare che negli ultimi due mesi sia la Corte di Giustizia sia la Corte costituzionale hanno emesso pronunce che appaiono in insanabile contrasto con quanto affermato dai giudici di legittimità. Si può infatti affermare che, tra le motivazioni utilizzate dalla Corte di cassazione per giustificare la scelta del legislatore delegato, due siano le principali:

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