Il diritto all’irrogazione della sanzione più mite, ovvero alla lex mitior nel caso di successione di norme nel lasso temporale tra la commissione di una violazione e la condanna definitiva, è parte del diritto al favor rei, a sua volta parte della riserva di legalità delle sanzioni (nulla poena sine lege). Tali diritti sono integrati nell’ordinamento nazionale (sono esplicitamente o implicitamente riconosciuti dalla Costituzione italiana, ex articoli 3 e 25, oltre che nell’articolo 2 cp), nel diritto eurounitario (articolo 49 CDFUE) e nella Convenzione Europea sui Diritti fondamentali dell’Uomo (articolo 7 CEDU).
E’ proprio grazie alla CEDU che nessuno, almeno in Europa, dubita che le garanzie connesse al nulla poena sine lege siano applicabili anche alle sanzioni amministrative connotate dal requisito dell’afflittività, in ossequio alle plurime pronunce della Corte EDU al riguardo, a partire dalla celeberrima Causa Engel et alii v. Olanda, 8.6.1976. E, di nuovo grazie alla giurisprudenza della Corte EDU, nessuno dubita più che le sanzioni tributarie siano ascrivibili al novero delle sanzioni di natura sostanzialmente penale, con la conseguente applicazione delle tutele che la CEDU riconosce ai cittadini che sono attinti dalla materia penale. Peraltro, è proprio in un procedimento italiano che la Corte EDU ha ritenuto di inserire la tutela della lex mitior nell’ambito delle garanzie di cui all’articolo 7 della Convenzione, ossia con la sentenza resa nella Causa Scoppola v. Italia, 17.9.2009.
Per valutare la recente pronuncia della Corte di cassazione n. 1274 del 19.1.2025 è importante conoscere anche l’ordinamento internazionale, poiché il diritto alla legalità della pena, con i suoi corollari del favor rei e della lex mitior, rientra nel ristrettissimo novero dei diritti fondamentali incomprimibili: nella CEDU solo il diritto alla vita (ex articolo 2), il divieto di trattamenti inumani e degradanti (articolo 3), il divieto di lavori forzati (articolo 4), il ne bis in idem (articolo 4P7) e appunto il nulla poena sine lege, ex articolo 7, sono diritti non riducibili in alcun modo da parte degli Stati sottoscrittori della CEDU. Con l’unica precisazione che il diritto all’applicazione della sanzione più favorevole vale sino a che il processo è pendente, ossia anche per la Corte EDU il trattamento mitius non può travolgere il giudicato.
La citata sentenza n. 1274 ha respinto la contestazione del ricorrente relativa alla misura delle sanzioni (per indebita detrazione Iva e per dichiarazione infedele), ritenendo legittima la disposizione di cui al DLgs n. 87/2024, che all’articolo 5 ha previsto che le modifiche al regime sanzionatorio (la mitigazione di gran parte delle sanzioni tributarie) si applicano alle violazioni commesse a partire dal 1° settembre 2024, negando dunque l’applicazione più mite alle violazioni pregresse. I giudici romani hanno ritenuto la novella conforme sia all’articolo 3 del DLgs 472/1997, sia alla Costituzione e sia al sopra citato articolo 49 della CDFUE. La Cassazione ha motivato la decisione ricordando che tanto la Corte costituzionale quanto la Corte di Giustizia (CGUE) hanno affermato che il diritto alla lex mitior può essere limitato dal Legislatore quando entra in contrasto con la garanzia da assicurare ad altri diritti di pari rango costituzionale, o con la protezione degli interessi finanziari dell’Unione Europea a fronte di gravi frodi finanziarie.
In verità tale sentenza appare in contrasto sia con l’ordinamento UE sia con la CEDU. Consta a chi scrive che la CGUE, tutte le volte che ha statuito sui limiti applicativi della lex mitior, abbia esaminato casi di applicazione retroattiva di disposizioni nazionali afferenti al regime della prescrizione dei reati, che con lo ius superveniens favorevole al reo avrebbero condotto all’azzeramento dei processi nazionali. Processi che peraltro vertevano su fattispecie di gravi violazioni finanziarie, in grado di nuocere agli interessi finanziari dell’Unione. Considerato che le sanzioni esaminate dalla Cassazione riguardano l’Iva, dunque un ambito di applicazione del diritto UE, e valutata l’esiguità degli importi (rispetto al bilancio unionale) e soprattutto la natura della disposizione più favorevole (la riduzione di punti percentuali della sanzione edittale anziché il regime della prescrizione), non è condivisibile la scelta di non accogliere la richiesta del ricorrente di disapplicare il citato articolo 5 del DLgs. 87/2024 per contrasto con l’art. 49 della CDFUE. Quanto meno, i giudici avrebbero dovuto riconoscere che sussiste una situazione di incertezza e quindi avrebbero dovuto sollevare la questione di pregiudizialità con l’ordinamento UE, ai sensi dell’articolo 267 del TFUE, sospendendo il giudizio in attesa della pronuncia della CGUE.
Se sono forti i dubbi d’incompatibilità della pronuncia della Cassazione rispetto al diritto UE, non possono invece emergere incertezze riguardo alla incompatibilità con la CEDU. Come già detto, l’articolo 7 della Convenzione tutela uno dei pochi diritti incomprimibili; dunque, su di esso non può valere alcun giudizio di proporzionalità ovvero di bilanciamento con altri diritti dei cittadini. Certamente non vale la comparazione con la salvaguardia del bilancio dello Stato, dunque con esigenze finanziarie, nemmeno se coniugate dalla Cassazione con la necessità di assicurare le prestazioni sanitarie, scolastiche e di sicurezza pubblica. Viene da domandarsi perché la suprema Corte abbia ritenuto di avvincere le entrate pubbliche da sanzioni (peraltro incerte) con le primarie prestazioni sociali, anziché con le voci del bilancio dello Stato afferenti a causali di minore impatto mediatico. In ogni caso, aderendo alla CEDU gli Stati sottoscrittori hanno compiuto la scelta di privilegiare la garanzia dei diritti civili fondamentali rispetto a quelli sociali, quanto meno con riferimento a quelli che il testo della Convenzione afferma essere incomprimibili.
In definitiva, nel rispetto dell’articolo 117 della Costituzione i giudici romani avrebbero dovuto sollevare la questione di legittimità costituzionale, per l’insanabile contrasto dell’articolo 5 del DLgs n. 87/2024 con l’articolo 7 della CEDU.