Ha destato parecchio interesse la sentenza della Corte EDU del 6 febbraio 2025 che ha condannato l’Italia per la violazione dell’articolo 8 della CEDU in relazione all’attività di verifica fiscale presso la sede del contribuente, al di fuori di fattispecie penalmente rilevanti.
Con un precedente intervento sulle pagine di BLAST (si veda “Corte EDU sulle verifiche, l’Italia è meno peggio di quel che appare”) è già stata analizzata la pronuncia e la sua portata, alla luce della normativa vigente e delle conclusioni espresse dai giudici di Strasburgo.
Appena cinque giorni dopo la pronuncia è stato presentato in Senato - a tempi di record - il Ddl 1376, recante “Disposizioni in materia di rafforzamento del rispetto del domicilio e del diritto di difesa del contribuente nell’ambito di accessi, ispezioni e verifiche di natura fiscale”, proprio per far fronte alle richieste di intervento indicate nella pronuncia stessa.
Sullo specifico Ddl si è già argomentato sulle pagine di BLAST (si veda “Presentato un Ddl per l’adeguamento alla sentenza Italgomme”), ma un aspetto di tale proposta legislativa e del contesto normativo attuale merita una ulteriore puntualizzazione.
Ci si riferisce, in particolare, all’articolo 35 della Legge 4/1929, che, nella sua formulazione attuale, è costituito da un solo comma, in base al quale «Per assicurarsi dell’adempimento delle prescrizioni imposte dalle leggi o dai regolamenti in materia finanziaria, gli ufficiali o gli agenti della polizia tributaria hanno facoltà di accedere in qualunque ora negli esercizi pubblici e in ogni locale adibito ad un’azienda industriale o commerciale ed eseguirvi verificazioni e ricerche».
L’articolo 35 si riferisce principalmente ai militari della Guardia di finanza, perché il precedente articolo 31 definisce: ufficiali della polizia tributaria gli ufficiali e il personale appartenente ai ruoli «ispettori» e «sovrintendenti» del Corpo della guardia di finanza; agenti della polizia tributaria gli appartenenti al ruolo «appuntati e finanzieri» della Guardia di finanza; e, infine, qualora una legge finanziaria attribuisca l’accertamento di determinati reati a funzionari e agenti dell’Amministrazione finanziaria, questi funzionari e agenti acquistano nei limiti del servizio a cui sono destinati e secondo le attribuzioni a essi conferite dalla legge, la qualità di ufficiali e, rispettivamente, di agenti della polizia tributaria.
La disposizione di cui all’articolo 35 della Legge 4/1929 sembrerebbe consentire ai militari della Guardia di finanza un accesso indiscriminato e a piacimento presso i locali di attività del contribuente, senza necessità di un’autorizzazione scritta a tale accesso/verifica, differentemente dal personale civile dell’Amministrazione finanziaria (funzionari dell’Agenzia delle entrate), soggetto ai limiti e poteri degli articoli 52 del Dpr 633/1972 e 33 del Dpr 600/1973 (in particolare, alla previa apposita autorizzazione all’accesso che ne indica lo scopo, rilasciata dal capo dell’Ufficio, nonché in alcuni casi anche dall’autorizzazione del Procuratore della Repubblica).
In tal senso depone la giurisprudenza di legittimità, secondo cui tale articolo 35 non richiede la preventiva autorizzazione scritta del Comandante del reparto, affinché i militari possano accedere ai locali di attività d’impresa del contribuente, per eseguirvi verifiche e controlli, a differenza di quanto invece previsto per i dipendenti civili dell’Amministrazione finanziaria, per i cui accessi è sempre richiesta (almeno) la preventiva autorizzazione scritta del Capo dell’Ufficio dal quale dipendono (tra le altre, Cass. civ. 26751/2022, 17525/2019).
L’articolo 3 del Ddl presentato in Senato vorrebbe allora introdurre un secondo comma all’articolo 35 già menzionato, con l’intento di rendere applicabile anche a chi procede in forza del precedente comma 1 di tale articolo 35 - essenzialmente la Guardia di finanza - le disposizioni di cui all’articolo 52 del Dpr 633/1972 e articolo 33 del Dpr 600/1973: in sostanza, si vorrebbe così uniformare la disciplina degli accessi/verifiche tra militari della GdF e personale civile dell’Agenzia delle entrate.
In realtà, tale modifica dovrebbe ritenersi del tutto superflua, in quanto l’articolo 35 della Legge 4/1929 dovrebbe considerarsi già da tempo tacitamente abrogato dalle disposizioni del Dpr 633/1972 e, in particolare, dall’articolo 63, comma 1, a mente del quale «La Guardia di finanza coopera con gli Uffici dell’imposta sul valore aggiunto per l’acquisizione e il reperimento degli elementi utili ai fini dell’accertamento dell’imposta e per la repressione delle violazioni del presente decreto, procedendo di propria iniziativa o su richiesta degli Uffici, secondo le norme e con le facoltà di cui agli artt. 51 e 52, alle operazioni ivi indicate e trasmettendo agli Uffici stessi i relativi verbali e rapporti». All’articolo 52, richiamato dall’articolo 63 del Dpr 633/1972 sull’Iva, peraltro, rimanda l’articolo 33 del Dpr 600/1973, per cui, anche ai fini delle imposte dirette, «Per l’esecuzione di accessi, ispezioni e verifiche si applicano le disposizioni dell’articolo 52 del Dpr 26 ottobre 1972, n. 633».
La Guardia di Finanza, quindi, è già oggi tenuta al rigoroso rispetto e alle limitazioni recate dalle disposizioni dell’articolo 52 del Dpr 633/1972 sugli accessi e verifiche, esattamente allo stesso modo dell’Agenzia delle Entrate, per cui tanto i militari della prima quanto i funzionari della seconda devono essere preventivamente muniti dell’apposita autorizzazione scritta all’accesso, recante lo scopo e gli altri elementi indicati dall’articolo 12 della Legge 212/2002 in materia di “Diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali”.
Nella circolare 1/2018 della GdF, del resto, è stabilito nel paragrafo relativo al “Foglio di servizio e l’ordine di accesso” che «Prima dell’avvio delle operazioni ispettive il Direttore della Verifica deve redigere il foglio di servizio da sottoporre alla firma del Comandante del Reparto. … All’atto dell’avvio dell’ispezione, copia del foglio di servizio deve essere consegnata al contribuente o a chi in quel momento lo sostituisce. … Nel caso in cui l’accesso venga eseguito in più sedi/unità locali, nel rispetto del comma 6 del Dpr 633/1972 … si deve procedere alla stesura di un autonomo foglio di servizio e alla redazione di un autonomo processo verbale che poi confluirà nel processo verbale di verifica del primo giorno»: lo stesso Comando Generale della Guardia di finanza, quindi, fa riferimento all’articolo 52 per gli accessi e le verifiche, che devono essere preceduti da ordine di accesso scritto da consegnare al contribuente all’avvio delle attività ispettive.
La diversa tesi sopra riportata della Suprema Corte ignora la disposizione di cui al già menzionato articolo 63 del Dpr 633/1972, che fa da trait d’union tra il personale civile e militare dell’Amministrazione finanziaria ai fini delle autorizzazioni per gli accessi e verifiche in loco, non avendo ratio né giustificazione un differente regime a seconda dell’ordinamento civile o militare del personale ispettivo procedente (peraltro, negli arresti di legittimità non è stata eccepita dai difensori la violazione di tale articolo 63 e, quindi, su tale aspetto la Suprema Corte non si è ancora pronunciata, per quanto noto).
Va segnalato, infine, che la questione assume ancor più rilievo con la nuova disciplina dei vizi dell’attività istruttoria di cui al nuovo articolo 7-quinquies dello Statuto del contribuente (Legge 212/2000), secondo cui «Non sono utilizzabili ai fini dell’accertamento amministrativo o giudiziale del tributo gli elementi di prova acquisiti oltre i termini di cui all’articolo 12, comma 5, o in violazione di legge»: stabilendo, infatti, l’articolo 52 il rilascio della preventiva autorizzazione scritta all’accesso, qualora questa non venga rilasciata, risulta violato detto articolo 52 e, quindi, tutti gli elementi acquisiti in sede di accesso sono inutilizzabili dal Fisco, ma ciò non può valere soltanto se l’accesso è effettuato dal personale civile dell’Amministrazione finanziaria, e non anche da quello militare.