Cattivi pensieri (ma non sempre) – L’oscuro distinguo tra crediti d’imposta non spettanti e inesistenti strumentale alle esigenze erariali
di Dario Deotto
Si ha notizia che nell’ultimo periodo sono stati recapitati ai contribuenti numerosi schemi di atto relativi al recupero di crediti ritenuti inesistenti. Come riportato la scorsa settimana su Blast (si veda l’intervento di A. Gaeta e M. Nadalutti del 29 aprile scorso), vengono anche segnalati due aspetti:
1) che gli uffici procedono attraverso la preventiva comunicazione di uno schema di atto (nonostante la norma – di interpretazione autentica – del Dl 39/2024 abbia incautamente escluso dall’obbligo del contraddittorio preventivo le contestazioni afferenti crediti inesistenti);
2) che i crediti vengono comunque sempre considerati inesistenti anche quando risulterebbe evidente che, semmai, la contestazione dovrebbe riguardare la non spettanza del medesimo credito.
Ambedue le vicende sono “figlie” della stessa problematica. Ovvero l’insoluto distinguo tra le fattispecie di “credito inesistente” e “non spettante”; distinguo per il quale la recente riforma fiscale ha certamente acuito le perplessità. Peraltro, la sensazione è che la comunicazione di molti di questi schemi di atto funga anche da “impulso” per la possibilità di riversamento, entro il 3 giugno prossimo, dei crediti ricerca e sviluppo.
Ad ogni modo, il problema della distinzione tra crediti d’imposta non spettanti e inesistenti rimane – il tema risulta molto sentito dalle aziende – tant’è che in molti attendevano l’annunciato (già a febbraio) atto di indirizzo del Mef sulla questione, di cui però si sono perse le tracce.
Peraltro, sempre su Blast della scorsa settimana si è data notizia, attraverso l’analisi di Andrea Carinci, della possibilità che venga istituito il nuovo Consiglio Superiore dell’Economia e delle Finanze, che si dovrebbe occupare – comunque con forti dubbi di legittimità – anche dell’attuazione della riforma fiscale.
Occorre ricordare che quest’ultima dispone, all’articolo 20 (della L. 111/2023), “una più rigorosa distinzione normativa anche sanzionatoria tra le fattispecie di compensazione indebita di crediti di imposta non spettanti e inesistenti”.
Si notino due aspetti: il fatto che si faccia riferimento ad una più “rigorosa” distinzione (da ritenersi rispetto a prima) tra le fattispecie di indebita compensazione (appunto, di crediti inesistenti e non spettanti) e il fatto che si stabilisca che tale distinzione riguardi “anche” gli aspetti sanzionatori. Ciò significa che la legge delega attribuisce al legislatore delegato dapprima il compito di disciplinare una normativa di carattere sostanziale (definita, come visto, “rigorosa”) relativa alle compensazioni indebite, che riverberi (poi) gli effetti “anche” sul piano sanzionatorio. Invece, il legislatore delegato ha disciplinato (peraltro, improvvidamente) soltanto le conseguenze sanzionatorie, trascurando la normativa di carattere sostanziale.
Si tratta – anche in questo caso – di una scelta non condivisibile (si pensi all’ipotesi in cui si realizzi una situazione di obiettiva incertezza, con conseguente inapplicabilità delle sanzioni, per la quale ipotesi rimane comunque “a monte” il problema di stabilire se si tratta di un credito non spettante o inesistente) che si somma – tra le tante – alla non felice scelta di considerare inesistente – sotto il profilo sanzionatorio, amministrativo e penale – non soltanto il credito connotato da fraudolenza ma anche quello per il quale manca, in tutto o in parte, il presupposto costitutivo. È evidente che in questa nuova definizione sono suscettibili di confluire praticamente tutti i rilievi dell’ufficio (soprattutto quando si stabilisce che vi rientrano anche le situazioni in cui mancano “in parte” i requisiti).
Senza trascurare, come si è riportato prima, la davvero deprecabile previsione di interpretazione autentica in base alla quale vengono esclusi dal contraddittorio preventivo gli avvisi di recupero dei crediti d’imposta inesistenti (articolo 7-bis del Dl 39/2024): proprio su una tematica così delicata e complessa, e in presenza di una norma così equivoca.
Tant’è che gli uffici, come si è riportato all’inizio, stanno comunque attivando il contradditorio preventivo per evitare che poi, nel caso il credito venga considerato non spettante, il contribuente lamenti – a pena di invalidità dell’atto – la mancanza dell’obbligatoria interlocuzione preventiva.
Insomma, un pasticcio, da qualunque parte si veda la questione.
Così che si ritiene che la problematica non potrà essere risolta né dall’(eventuale) atto di indirizzo del Mef né, tantomeno, dall’ennesimo consesso di esperti (il riportato Consiglio Superiore dell’Economia e delle Finanze), che, a prescindere dalla sua legittimità a occuparsi dell’attuazione della riforma fiscale, considerata la sua composizione, non potrà che rispondere alle solite – immancabili – esigenze erariali. Esigenze che molte volte strizzano l’occhio proprio alle immancabili incertezze.
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Foto di Pheladi Shai da Pixabay