Una Sales tax in sostituzione dell’Iva? (“Postilla” all’intervento di C. Tomassetti)
di Massimo Sirri
La “provocazione” di Cesare Tomassetti è stimolante, ponendo all’attenzione un tema che riguarda il futuro della tassazione indiretta e ipotizzando l’introduzione di una sales tax – in stile USA – in sostituzione dell’IVA. Del resto, proprio da oltreoceano arrivano e continueranno con ogni probabilità ad arrivare “stimoli” a profondi cambiamenti, anche in campo fiscale.
L’autore ha sintetizzato le argomentazioni che possono indurre a considerare seriamente se non sia giunto il momento per un simile cambio di paradigma. Si proverà pertanto a segnalare qualche spunto (fra i molti) nell’ottica di una riforma del sistema attuale, piuttosto che nella prospettiva del suo pensionamento. Ciò che, nondimeno, implica un atteggiamento “rivoluzionario” da parte degli Stati membri, visto e considerato che si tratta di questioni da affrontare con tempestività e che la tempestività non pare la dote migliore dell’Unione europea.
Avanti a tutto, però, un’osservazione di contesto, tanto più necessaria quanto più potranno essere fattori esterni a imporre il tema. Vale, cioè, la pena tenere fuori dal ragionamento le fake news. Come quella secondo cui l’IVA sarebbe un dazio (così la pensa il presidente degli Stati Uniti) o quella che vorrebbe qualificare i rimborsi IVA agli esportatori abituali (o il plafond per gli acquisti senza applicazione dell’imposta) come una sovvenzione alle imprese europee in danno di quelle extracomunitarie. Entrambe le affermazioni non rispondono a verità, come semplicemente – e proprio per questo in modo assai nitido – chiarisce Giuseppe Pisauro su Lavoce.info del 20 febbraio scorso, e vanno quindi allontanate, al pari delle altre che dovessero affacciarsi nel dibattito.
Nel merito, sono numerosi i profili che andrebbero affrontati senza indugio per migliorare l’imposizione IVA, al fine di attenuare – se non proprio rimuovere – le principali criticità evidenziate nel contributo di Tomassetti.
La mia personale selezione parte dalle aliquote. La loro armonizzazione e successivamente la loro convergenza verso un’aliquota unica o verso un paio di aliquote (non necessariamente da individuare fra quelle attualmente in vigore) potrebbero ridurre la cosiddetta “evasione da aliquote” e diminuire i costi di conformità, intesa come complessità nella gestione dell’imposta con i conseguenti oneri economici. Le obiezioni a questa scelta, volte a mettere in luce l’effetto negativo sui consumatori e in particolare su quelli delle fasce più deboli che verrebbero danneggiate dalla soppressione delle aliquote ridotte, non tengono tuttavia conto del fatto che di aliquote basse beneficiano in realtà anche coloro che non sono affatto deboli. Per proteggere i più svantaggiati sarebbero forse più opportuni sostegni e sussidi reddituali mirati.
Complementare a un intervento sulle aliquote, sarebbe la rivisitazione o, meglio, l’eliminazione delle esenzioni (quelle dell’articolo 10 del decreto IVA, per intendersi). Sono un fattore distorsivo e non garantiscono affatto che il vantaggio derivante dalla disapplicazione dell’imposta si trasferisca sui destinatari dell’operazione, visto che l’IVA indetraibile è spesso occultata nel prezzo di vendita. In un ipotetico regime monofase al dettaglio (in cui si risolverebbe la sales tax), peraltro, non dovrebbero esservi esenzioni dalla tassa. È quindi un tema che andrebbe comunque affrontato e che potrebbe trovare soluzioni simili a quelle utili a neutralizzare gli effetti negativi derivanti dalla revisione delle aliquote.
Una considerazione potrebbe essere svolta anche con riguardo alle operazioni intracomunitarie sui beni. Sono numerose e spesso di rilevante ammontare le cessioni/acquisti fra entità del medesimo gruppo collocate in Stati membri diversi. Potrebbe ripensarsi allora alle modalità di trattamento di queste operazioni sulla falsariga di quanto avviene per gli scambi all’interno del Gruppo IVA, prevedendone cioè l’irrilevanza ai fini del tributo (fra l’altro, la razionalizzazione dell’istituto del Gruppo IVA è prevista dalla legge delega sulla riforma tributaria).
Buoni segnali giungono dall’approvazione in data 12 febbraio scorso dell’iniziativa ViDA (VAT in Digital Age) da parte del parlamento UE. Seppur con un orizzonte temporale dilatato, sono state tuttavia affrontate con una certa decisione questioni connesse alla tassazione dell’economia digitale. Questo sarà infatti il vero banco di prova per l’IVA del futuro.
Insomma, riflessioni come quelle di Cesare Tomassetti hanno anche il pregio di sollecitare a fare tutto quel che serve per non rottamare il sistema IVA. L’importante – si ripete – è farlo in fretta.