Sostenibilità e rendicontazione: qual è la situazione per le PMI?
di Andrea De Colle
In attesa dell’approvazione della proposta di Direttiva Omnibus, che mira a emendare e semplificare il quadro normativo europeo sulla sostenibilità, è lecito chiedersi quale scenario si prospetti per le PMI.
In un precedente intervento, avevo delineato i punti chiave del nuovo contesto legislativo, evidenziando i cambiamenti più significativi.
È innegabile che il passo indietro della Commissione Europea abbia generato un senso di smarrimento tra le imprese direttamente coinvolte dal precedente assetto normativo. Smarrirsi è facile; più complesso è ritrovare la rotta, reinterpretando i nuovi orientamenti.
Le PMI, finora, sono sempre state escluse dall’applicazione diretta delle normative europee in ambito ESG. In altre parole, restano esentate dagli obblighi di rendicontazione di sostenibilità, dalla qualificazione puntuale della propria attività in ottica di transizione green e dalla due diligence sulla catena del valore. Tuttavia, la nuova proposta di direttiva le coinvolge indirettamente.
Ma qual è, oggi, la loro situazione in materia di disclosure sulla sostenibilità?
Cambiamenti per le PMI: non è (solo) colpa dell’Omnibus
Nel dicembre 2024, l’EFRAG (European Financial Reporting Advisory Group) ha pubblicato una nuova versione degli standard VSME (standard volontari di sostenibilità per le PMI non quotate), aggiornando la precedente versione rilasciata a gennaio dello stesso anno.
Quando si parla di EFRAG e di framework per la rendicontazione di sostenibilità, il pensiero va subito agli ESRS (European Sustainability Reporting Standards). Questi standard avrebbero dovuto rappresentare una base strutturata e articolata per la rendicontazione obbligatoria delle imprese quotate, delle organizzazioni di interesse pubblico e delle grandi imprese. Dico "avrebbero dovuto" perché l’Omnibus li sta sottoponendo a una profonda revisione, con una semplificazione generale e l’eliminazione degli approfondimenti settoriali.
A livello europeo, ci si è presto resi conto che le imprese più piccole non sarebbero state in grado di adempiere agli ESRS. Per questo motivo sono stati elaborati degli standard semplificati, i VSME.
Rispetto alla versione di gennaio 2024, i VSME hanno subito una significativa evoluzione con l’aggiornamento di dicembre, indipendente dall’Omnibus. Ora sono suddivisi in due moduli complementari: uno base e uno completo (comprehensive). Il loro approccio ricalca in modo più snello la struttura narrativa degli ESRS, basata su politiche, azioni e obiettivi legati alla sostenibilità, e prevede un set di informative su tematiche ambientali, sociali e di governance.
Un aspetto rilevante è l’assenza del principio di “doppia materialità” o “doppia rilevanza”, previsto dagli ESRS, che impone alle imprese di considerare il proprio impatto socio-ambientale (prospettiva inside-out) e gli effetti degli orientamenti della sostenibilità sui risultati economico-finanziari aziendali (prospettiva outside-in).
Gli standard VSME potrebbero diventare il punto di riferimento nel dialogo tra le PMI, il settore bancario e le catene del valore. L’Omnibus sembra volerle tutelare rispetto agli obblighi di due diligence imposti alle grandi imprese; i VSME rappresentano un massimo comun denominatore di informazioni che sarà lecito chiedere. Il condizionale, però, è d’obbligo.
Ad esempio, in Italia, sempre a dicembre 2024, è stata pubblicata la revisione del "Documento per il dialogo di sostenibilità tra PMI e banche", sviluppato dal Tavolo per la Finanza Sostenibile e coordinato dal Ministero dell'Economia e delle Finanze (MEF), con il contributo del Ministero dell'Ambiente e della Sicurezza Energetica, del Ministero delle Imprese e del Made in Italy, della Banca d'Italia, della CONSOB e dell'IVASS.
Questo documento mira a supportare le PMI nella raccolta e nella comunicazione delle informazioni ESG, facilitando il dialogo con il sistema bancario e migliorando le opportunità di accesso al credito. È molto chiaro e ben strutturato. Riprende, nello specifico, molti aspetti dei VSME, ma rappresenta, di fatto, uno strumento alternativo.
Infine, se guardiamo a come le imprese qualificano la propria catena del valore sulla base della sostenibilità e a come gli operatori finanziari valutano il rischio di credito in ottica ESG, siamo ben lontani da una standardizzazione. C’è una grande libertà operativa e di pensiero.
Verso un’unica direzione?
Si avverte l’importanza di convergere verso una semplificazione della rendicontazione ESG per le imprese più piccole e l’esigenza del mondo bancario e delle catene del valore di ricevere informazioni di qualità, confrontabili e spendibili sul mercato.
Abbiamo qualche dubbio sulla maturità del sistema. Gli Stati membri stanno implementando il framework europeo con velocità e approcci diversi, generando un panorama frammentato. Alcuni Paesi stanno introducendo schemi nazionali di rendicontazione, che possono differire dai requisiti ESRS, creando complessità per le PMI che operano in più Paesi. La pressione della supply chain e degli istituti di credito fa sì che alcune PMI siano costrette a rendicontare con metodologie eterogenee a seconda delle richieste dei loro clienti corporate.
Questa doppia dinamica rende il quadro complesso per le PMI, che si trovano a dover navigare tra una spinta all’armonizzazione e una realtà di requisiti variabili a seconda del contesto nazionale e settoriale.