Società estinte e società a ristretta base: la Cassazione prende “due piccioni con una fava”
di Andrea Gaeta e Lorenzo Romano
Con l’Ordinanza n. 32475, depositata il 12 dicembre 2025, la Sezione Tributaria della Corte di cassazione ha – se possibile – ulteriormente irrigidito il già rigoroso orientamento in materia di responsabilità dei soci di società a ristretta base azionaria, affermando che la presunzione di distribuzione degli utili “in nero” è idonea a fondare la responsabilità dell’ex socio ai sensi dell’articolo 36, comma 3, del Dpr 602/1973. È opportuno ricordare che la responsabilità, come finalmente riconosciuto dalle Sezioni Unite n. 3625/2025 (commentate anche su Blast), deve essere accertata con un apposito “atto motivato”, che nel caso di specie era stato emesso nel 2012.
La questione giuridica ruota, pertanto, attorno all’interpretazione dell’articolo 36, terzo comma, del d.P.R. n. 602/1973, il quale prevede che i soci rispondano dei debiti d’imposta della società estinta «nei limiti del valore dei beni» ricevuti negli ultimi due periodi d’imposta o in sede di liquidazione.
La difesa della ricorrente si fondava su un dato formale, ossia l’assenza di assegnazioni di beni o denaro risultanti dal bilancio finale di liquidazione: mancando l’evidenza contabile della riscossione, l’Amministrazione non avrebbe soddisfatto la condizione dell’azione, impedendo l’escussione del patrimonio personale del socio.
La Suprema Corte ha respinto tale impostazione, con una motivazione a dir poco sorprendente: nelle società a ristretta base (nel caso di specie, una s.r.l. unipersonale), la prova della percezione delle somme non deve essere necessariamente documentale, ma può trarsi dalla ben nota presunzione giurisprudenziale di distribuzione degli utili extracontabili.
La Corte non manca di ribadire che in questo modo non si viola il divieto di doppia presunzione, dato che il fatto noto non è l’accertamento del maggior reddito, ma soltanto la ristrettezza della base sociale.
L’affermazione è discutibile, dato che la presunzione di distribuzione occulta “innesca” un’ulteriore presunzione, quella di percezione in base al bilancio finale di liquidazione; ma quel che più preme evidenziare è che l’orientamento della Corte viola palesemente il principio di legalità.
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