Si sono già riportate su queste pagine le considerazioni (a cura di Andrea Gaeta e Barbara Marini) sull’insoddisfacente risposta al question time in Commissione Finanze alla Camera, dove è stato sostanzialmente risposto che, nonostante la sentenza della Corte di Giustizia UE del 7 marzo 2024 (causa C-341/22, Feudi di San Gregorio) e la specifica previsione della legge delega di riforma fiscale, per la problematica Iva delle società di comodo – ma, in realtà, per tutta la disciplina delle (presunte) “non operative” – non c’è (per ora) nulla da fare – almeno secondo Governo e Agenzia delle Entrate – per “evitare effetti sul gettito” (così, testualmente, la risposta).
Si tratta di una perfetta fotografia dello “stato dell’arte” della riforma fiscale.
Questo “stato” è ulteriormente confermato da un’altra questione, che forse offre un ancora più veritiero (nonostante le tinte fosche di cui dirà) quadro della situazione.
La vicenda è quella dell’Ires premiale che, in altre occasioni, anche su queste pagine, abbiamo definito una piccola “salvezza” dell’umano dall’incontrastato dominio della tecnica (e, come tale, da lodare). La misura – che secondo l’Esecutivo potrebbe assumere una connotazione a regime – agevola gli investimenti 4.0 e 5.0, in presenza di determinati presupposti (accantonamento di utili 2024 e presenza di utile 2023), all’ulteriore condizione che non si realizzi una contrazione delle unità lavorative (come da chi scrive in più occasioni auspicato). Su queste pagine si è riportato che l’apprezzabile iniziativa, causa le solite esigenze di cassa, è stata tuttavia appesantita da una serie di “orpelli” e dall’ulteriore condizione che occorre effettuare almeno un’assunzione di un lavoratore a tempo indeterminato.
Il fatto è che queste “esigenze di cassa” sembrano oltremodo condizionare la misura, fino a, di fatto, anestetizzarla.
Si rammenta che una delle condizioni dell’agevolazione è che una quota non inferiore all’80 per cento degli utili 2024 sia accantonata in un’apposita riserva. Però anche sull’accantonamento pendono una serie di interrogativi (ad esempio, quello della “convivenza” con la destinazione a riserva legale) che solo il previsto decreto di attuazione (comma 444 dell’ultima legge di Bilancio) potrebbe (avrebbe potuto) risolvere. Il quale decreto dovrebbe anche introdurre le (fondamentali) “disposizioni di coordinamento con altre norme dell’ordinamento tributario” (qui è chiaro il riferimento alla possibilità di cumulabilità con altre forme agevolative).
Il fatto è che di questo decreto si sono perse le tracce e, intanto, ovviamente, i bilanci 2024 sono stati approvati (quasi tutti, con le conseguenti eventuali delibere di accantonamento degli utili).
La sensazione è che anche questa volta il legislatore erariale abbia fatto i suoi conti e, svuotando ancora una volta il principio di legalità, abbia scientemente deciso che (anche) per l’Ires premiale è meglio, per molti, che rimanga solo uno slogan. Che non ha effetto sul gettito.