Il treno del nuovo Black Friday della rottamazione si avvicina: i recidivi interessati sono pregati di avvicinarsi al solito binario
di Marco Cramarossa
L’esame del disegno di legge A.S. 1375, avente ad oggetto “Disposizioni concernenti la rateizzazione di carichi fiscali” (volendo banalizzare, diremmo “Rottamazione-quinquies”), ha sollecitato le riflessioni in sede di audizione presso la VI Commissione Finanze e Tesoro del Senato sia del Direttore dell’Agenzia delle entrate e dell’Agenzia delle entrate-Riscossione, Avv. Vincenzo Carbone, che del Capo del III Reparto operazioni del Comando Generale della Guardia di finanza, Generale di Brigata Luigi Vinciguerra, intervenuti, rispettivamente, il 27 marzo e il 1° aprile 2025. Entrambe le audizioni si sono mosse, ovviamente a diverso titolo, nel perimetro dell’indagine conoscitiva sulla gestione del magazzino fiscale da parte dell’Ente della Riscossione.
L’analitica esposizione dei dati relativi alla riscossione dal 1° gennaio 2000 al 31 gennaio 2025 (si veda “In 25 anni il Fisco ha letteralmente perso 509 miliardi di crediti” di Pierpaolo Molinengo) ha fotografato una situazione, a dir poco, “mortificante”, la cui latitudine è in estrema sintesi la seguente:
valore residuo del magazzino pari a 1.280 miliardi di euro: giusto per dare un ordine di grandezza, la manovra finanziaria per il 2025 cuba circa 30 miliardi di euro;
il 26 per cento del valore è relativo a crediti affidati in gestione fino al 2010, quindi giacenti in magazzino da ben 15 anni (sic!);
l’84 per cento è di natura erariale, mentre la restante parte è prevalentemente di natura contributiva o previdenziale (12 per cento);
il 40 per cento è dichiaratamente di difficile recuperabilità per condizioni soggettive del contribuente (soggetti interessati da procedure concorsuali, persone decedute, imprese cessate e nullatenenti);
il 45 per cento dei crediti è stato già oggetto nel tempo di interventi (i.e. azioni esecutive e/o cautelari) da parte dell’Agente della Riscossione;
elevata recidività, posto che il 60 per cento dei soggetti è stato iscritto a ruolo in almeno dieci differenti annualità (doppio sic!).
Ciò posto, lo stock di magazzino, al netto delle somme in rateizzazione (circa il 3 per cento), sul quale deve essere ancora avviata qualsiasi tipo di azione, ammonta a meno dell’8 per cento, per un controvalore di poco superiore a 100 miliardi di euro. Qualche riflessione si impone, interpolando le considerazioni tanto dell’Avv. Carbone quanto del Generale Vinciguerra.
Innanzi tutto, mettendo insieme i dati dei crediti irrecuperabili (40 per cento) e di quelli giacenti almeno da 15 anni (26 per cento), la domanda spontanea è come mai sia stato mantenuto in vita il valore nominale piuttosto che svalutarlo come sarebbe avvenuto fisiologicamente in qualsiasi altra realtà aziendale? Domanda retorica, ovvio, atteso che la risposta inciampa, da un lato, nella potenziale procedura di danno erariale da parte della Corte dei Conti (peraltro non del tutto scongiurata) e, dall’altro, nel sistema di gestione della contabilità pubblica (nel cui ambito l’accertato vale come entrata). Tuttavia, quanto a quest’ultimo tema, varrà però ricordare che, in base all’articolo 2 del Regolamento di contabilità (da ultimo deliberato dal Comitato di Gestione dell’AdER il 21 novembre 2024), il ”sistema contabile dell’Agenzia, ispirato ai principi civilistici, è finalizzato a fornire un quadro complessivo dei costi e dei ricavi, nonché delle variazioni patrimoniali e finanziarie”, così come il successivo articolo 6 prevede che il bilancio debba essere ispirato ai postulati di chiarezza e di rappresentazione veritiera e corretta della situazione patrimoniale e finanziaria dell'Agenzia e del risultato economico dell’esercizio, redatto secondo i principi desumibili dagli articoli. 2423-bis e seguenti del c.c., nonché in conformità ai principi contabili emanati dall’OIC.
Ma andiamo avanti. Il direttore Carbone, dopo aver rendicontato le riduzioni di magazzino succedutesi ad opera delle varie “Rottamazioni” tempo per tempo intervenute e i rispettivi (allarmanti) tassi percentuali di “decadenza” dalle stesse, inteso come il rapporto tra quanto non corrisposto dai contribuenti entro le scadenze previste dalla legge e l’importo complessivamente da pagare entro tali scadenze (con il valore più alto appartenente alla “Rottamazione-ter” pari al 70 per cento), si è soffermato sulle innovative (rispetto alle precedenti edizioni) previsioni del disegno di legge riguardanti sia (articolo 1, comma 2) lo iato temporale del pagamento dilazionato dei debiti iscritti a ruolo in 120 rate mensili, anziché trimestrali, che (articolo 1, comma 13) l’inefficacia della definizione in caso di mancato, insufficiente o tardivo versamento di otto rate anche non consecutive, anziché di una. In particolare, ciò significa che potrebbe verificarsi una situazione anomala laddove, alla data di scadenza dell’ultima rata del piano di dilazione, il debitore dovesse risultare moroso nel pagamento di un numero di rate non superiore a sette. Infatti, non potendosi tecnicamente rubricare la definizione come inefficace, l’agente della riscossione sarebbe a quel punto impossibilitato a svolgere azioni di recupero coattivo.
Ulteriori valutazioni attengono agli effetti finanziari negativi, sia in termini di flessione della riscossione ordinaria che di differimento delle procedure di recupero coattivo, conseguenti al combinato disposto delle due previsioni appena sopra illustrate. Non potendo trascurare, infine, le ripercussioni che questa ennesima rottamazione avrà con riguardo al gettito atteso dai piani di pagamento in corso derivanti dalla “Rottamazione-quater”, le cui rimanenti scadenze sono distribuite nell’anno in corso e nei due anni successivi.
Insomma, l’ennesima proposizione del Black Friday dei carichi affidati all’AdER evidenzia, una volta di più, che i beneficiari in larga parte sono i soggetti recidivi (quel 60 per cento di cui si è detto), i quali spesso riescono anche a speculare dribblando le diverse edizioni delle rottamazioni adottate, e che a perdere è sempre lo Stato, dal punto di vista tanto della tenuta della credibilità di fronte ai “buoni pagatori” quanto in termini oggettivi di effettivo ritorno finanziario.