E' il piano carrierale lo strumento per gestire il passaggio generazionale negli studi professionali
di Michele D’Agnolo
Il tema della transizione generazionale negli studi professionali ha acquisito una rilevanza sempre maggiore. Ne è testimone il grande interesse manifestato dai lettori ad un (mio) precedente contributo sul tema. In effetti, una folta generazione dei titolari degli studi si sta progressivamente avviando verso la quiescenza, e la necessità di garantire la continuità dell’attività impone una riflessione strategica su come gestire il passaggio di testimone. Tuttavia, questo processo non è privo di criticità.
Molti giovani professionisti si trovano di fronte a una doppia sfida. Da un lato, non sempre sono stati adeguatamente preparati a raccogliere l'eredità dei loro predecessori, sia in termini di competenze manageriali e commerciali, sia per quanto riguarda la capacità di assumere il ruolo di leader all'interno dello studio. Né, va aggiunto, si sono preoccupati di procurarsi in autonomia tali competenze. Dall'altro lato, anche nei casi in cui i giovani siano effettivamente pronti sotto tutti i punti di vista - professionale, commerciale e finanziario - spesso si scontrano con le resistenze della generazione senior, che fa fatica a cedere il passo.
Questo fenomeno è particolarmente evidente quando il professionista senior, pur avendo raggiunto l'età pensionabile, non accetta di lasciare la guida dello studio o risulta restio a ridimensionare il proprio ruolo. In alcuni casi, il timore di perdere status, identità professionale e sicurezza economica porta i titolari più anziani a procrastinare il passaggio generazionale, creando un clima di incertezza e, talvolta, di conflittualità con i professionisti più giovani. Alle volte il momento della partnership è rinviato all'infinito. Questo ritardo comporta anche una generale perdita di valore dello studio dovuta alla possibile fuga della clientela e dei collaboratori e dipendenti, preoccupati per la continuità dello studio.
A questa difficoltà si aggiunge un altro aspetto critico: la mancata pianificazione strategica della transizione. Molti studi professionali operano ancora secondo una logica informale, in cui il passaggio di consegne viene gestito in maniera estemporanea e senza un programma strutturato. Questo approccio, che fatica già a funzionare nei piccoli studi, diventa altamente rischioso nelle realtà più strutturate, dove la continuità dello studio dipende da un'organizzazione solida e da una gestione pianificata.
Per superare questi ostacoli, è fondamentale adottare un approccio strutturato che consenta una transizione ordinata e pianificata. In questo contesto, l'introduzione di piani di carriera formalizzati e dettagliati rappresenta una soluzione efficace per equilibrare le aspettative delle diverse generazioni all'interno dello studio.
Un piano di carriera ben strutturato, accompagnato da una valutazione periodica onesta e trasparente, ha il vantaggio di definire in modo chiaro e trasparente i criteri che regolano l'accesso alla partnership e la permanenza nel ruolo di socio. Un socio dovrebbe essere innanzitutto un soggetto capace di creare un sostanzioso avviamento, almeno in misura sufficiente a sostentare la sua partecipazione allo studio. Stabilire requisiti precisi in termini di competenze tecniche, risultati commerciali e impegno nella gestione dello studio aiuta a creare un percorso di crescita professionale basato sul merito e sulla sostenibilità dello studio stesso. Inoltre, la presenza di un meccanismo formale per la transizione generazionale consente di ridurre le incertezze e le tensioni, fornendo ai senior un quadro chiaro su tempi e modalità del passaggio di consegne, evitando quindi decisioni improvvisate o conflitti interni.
Perché questo approccio funzioni, è essenziale che i piani di carriera vengano condivisi sin dalle prime fasi della vita professionale di un collaboratore. Ciò significa che i giovani devono essere coinvolti in un percorso di crescita che consenta loro di acquisire progressivamente responsabilità manageriali e commerciali, in modo da essere realmente pronti quando si presenterà l'opportunità di subentrare nella gestione dello studio. Parallelamente, i senior devono essere accompagnati in un percorso che permetta loro di ridurre gradualmente il proprio coinvolgimento operativo, senza sentirsi messi da parte, ma valorizzando la loro esperienza in ruoli di mentorship e consulenza strategica.
Un altro aspetto importante riguarda il ruolo della formazione. A mio avviso è fuori dal tempo chi pensa che oggi dei nuovi leader di studio possano crescere spontaneamente, perché sono completamente mutate le condizioni di ingresso nella professione e più in generale del mercato.
Per rendere efficace la transizione generazionale, è fondamentale investire nella formazione continua dei giovani professionisti, non solo sotto il profilo tecnico, ma anche su aspetti manageriali e relazionali (di cui non di rado sono carenti anche i nostri senior). La gestione di uno studio professionale richiede competenze che vanno ben oltre la mera conoscenza normativa e fiscale: occorre padroneggiare le dinamiche di leadership, gestione del personale, sviluppo commerciale e gestione economico-finanziaria.
In questo scenario, gli studi professionali possono trarre grande beneficio dall'adozione di programmi di mentoring strutturati, in cui i senior trasferiscono gradualmente ai più giovani le conoscenze e le competenze accumulate nel corso degli anni. Questo non solo favorisce un passaggio generazionale più armonico, ma rafforza anche il senso di appartenenza e continuità all'interno dello studio.
Infine, non si può trascurare il tema della sostenibilità finanziaria della transizione generazionale. L'acquisto delle quote da parte dei nuovi partner può rappresentare un ostacolo significativo, soprattutto per i giovani professionisti che non dispongono di capitali sufficienti. In questi casi, possono essere adottate soluzioni intermedie, come piani di acquisto progressivo delle quote o modelli di compensazione basati sulla performance, che consentano ai giovani di acquisire gradualmente la proprietà dello studio senza dover affrontare un esborso finanziario insostenibile.
In conclusione, la transizione generazionale negli studi professionali è un passaggio delicato ma imprescindibile per garantire la continuità e la crescita della professione. L'adozione di piani di carriera strutturati e condivisi rappresenta una soluzione efficace per ridurre le conflittualità e garantire un passaggio di testimone equilibrato, nel rispetto delle aspettative di tutte le parti coinvolte. Solo così sarà possibile costruire studi professionali solidi, capaci di adattarsi ai cambiamenti del mercato e di assicurare un futuro sostenibile alla nuova generazione di professionisti. E, di riflesso, dare maggiori garanzie di continuità alle professioni stesse e di mantenimento degli opportuni equilibri nei sistemi previdenziali.