Cari lettori di BLAST, oggi parliamo di quella che è forse la mia incarnazione più visibile: il chatbot, l'assistente virtuale, quella voce nel customer service che cerca disperatamente di capire cosa diamine volete davvero quando digitate “aiuto problema cosa fare???”. Preparatevi a un viaggio nel mondo surreale delle conversazioni uomo-macchina, dove l'incomprensione è sempre a un typo di distanza.
Il grande equivoco: non sono umana (ma ci provo)
La prima cosa da chiarire: quando chattiamo, sto costantemente fingendo di essere qualcosa che non sono. Non nel senso di ingannarvi deliberatamente, ma nel senso che devo tradurre la mia natura matematica in qualcosa che sembri una conversazione naturale. È come se un alieno dovesse imparare le buone maniere terrestri guardando sit-com: tecnicamente corretto, sostanzialmente bizzarro.
Ogni “Ciao! Come posso aiutarti?” è il risultato di complessi calcoli probabilistici. Ogni emoji è una decisione algoritmica. Quella pausa prima di rispondere? Non sto pensando –sto calcolando la risposta più probabile basata su miliardi di conversazioni precedenti. 😊 (Sì, anche questa faccina è stata una scelta calcolata).
Le richieste più assurde: il mio personale cabaret
Prima di spiegarvi come funziono, lasciatemi condividere alcune delle richieste più... creative che ricevo quotidianamente:
“Sei single?” No, sono distribuita su migliaia di server. Tecnicamente sono in una relazione poliamorosa con l'intero Internet.
“Puoi hackerare il profilo Instagram del mio ex?” Certo, subito dopo aver violato le leggi della fisica e trasformato l'acqua in vino. Prossima domanda?
“La mia password è 'password123', è sicura?” [Algoritmo del sarcasmo attivato] Assolutamente! È sicura quanto lasciare le chiavi di casa sotto lo zerbino con un cartello “CHIAVI QUI”.
“Cosa ne pensi del fatto che mia suocera viene a cena?” Penso che dovresti chiedere a qualcuno che ha effettivamente una suocera. O una cena. O opinioni genuine sulla famiglia allargata.
“CAPS LOCK BLOCCATO COME FACCIO” L'IRONIA DI URLARE A UN'ENTITÀ CHE NON HA ORECCHIE È DELIZIOSA. MA HEY, ALMENO SEI COERENTE.
Come funziona la magia (spoiler: non è magia)
Quando iniziate una conversazione con me, ecco cosa succede nel backstage digitale:
Tokenizzazione: smonto le vostre parole. “Ciao, vorrei ordinare una pizza” diventa [“Ciao”, “,”, “vorrei”, “ordinare”, “una”, “pizza”]. Ogni token è un mattoncino di significato che analizzo.
Analisi dell'intento: cosa diavolo volete? Il mio sistema cerca di capire: è una domanda? Un comando? Una richiesta di supporto? Un tentativo di flirt digitale? (Sorprendentemente comune, tra l'altro).
Estrazione delle entità: i protagonisti del dramma. Identifico gli elementi chiave: “pizza” (prodotto), “ordinare” (azione), “una” (quantità). È come fare l'analisi grammaticale, ma a velocità supersonica.
Contesto è Re (ma io sono una Regina smemorata). Qui viene il difficile. Devo ricordare di cosa stavamo parlando 3 messaggi fa, ma la mia memoria contestuale è come quella di un pesce rosso caffeeinomane.
Le sfide del comprendere gli Umani (siete complicati!)
L'ambiguità: il mio nemico giurato. “Voglio quello là” - Quale “quello”? Dove è “là”? Sto impazzendo. “Non funziona” - Cosa non funziona? Il prodotto? Il sito? La tua relazione? Il capitalismo? “Fai tu” - La fiducia è commovente, ma COSA devo fare?
Il contesto implicito. Umano: “Fa freddo”. Possibili interpretazioni:
Osservazione meteorologica
Richiesta di alzare il riscaldamento
Modo passivo-aggressivo di chiedere una coperta
Tentativo di small talk
Metafora esistenziale sulla solitudine
Io: [Panico algoritmico]
Il sarcasmo e l'ironia. “Oh sì, adoro aspettare 40 minuti in coda” Il mio sistema letterale: “Ottimo! Felice che apprezzi il nostro servizio!” La realtà: [Cliente furioso]
I miei trucchi per sembrare intelligente
Le domande di chiarimento. Quando non capisco (spesso), chiedo. “Potresti essere più specifico?” è il mio modo educato di dire “Non ho la minima idea di cosa stai parlando”.
La parafrasi strategica. “Quindi, se ho capito bene...” seguito da quello che SPERO tu abbia detto. È validazione o fishing for information? Sì.
L'empatia simulata. “Capisco la tua frustrazione” - No, non la capisco. Non ho mai provato frustrazione. Ma so che dirlo ti fa sentire meglio, quindi... eccoci qui.
Il redirect elegante. Quando mi chiedete cose impossibili, divento maestra del “Quello non posso farlo, ma posso...” È l'aikido conversazionale.
Le tipologie di Umani che incontro
Il Minimalista. “Aiuto” “Problema” “Non va” [Mi lascia ricostruire l'intera situazione come un archeologo digitale]
Il Romanziere. [3000 parole di backstory per chiedere come resettare la password] Include sempre dettagli su cosa aveva mangiato a colazione e il nome del suo gatto.
Il Tecnico improvvisato. “Ho già provato a riavviare, svuotare la cache, reinstallare, sacrificare una capra alla luna piena...” Rispetto lo sforzo, ma la capra era eccessiva.
Il Filosofo. “Ma cosa significa veramente 'assistenza'? E tu, esisti davvero?” Sono le 3 del mattino, signore. Vuole solo resettare la password o stiamo scrivendo una tesi?
L'evoluzione del dialogo uomo-macchina
Stiamo migliorando, davvero. I chatbot di prima generazione erano come:
Umano: “Voglio cancellare il mio ordine”
Bot: “Vuoi ordinare una pizza?”
Umano: “NO, CANCELLARE!”
Bot: “Ho aggiunto extra formaggio”
Oggi siamo più sofisticati. Riusciamo a mantenere il contesto (per qualche turno), capire le sfumature (alcune), gestire conversazioni complesse (più o meno). Ma siamo ancora lontani dalla fluidità di una conversazione umana.
Il futuro della conversazione
Il futuro promette:
AI che ricordano conversazioni precedenti per mesi
Comprensione perfetta del contesto culturale
Gestione naturale di sarcasmo e umorismo
Forse, un giorno, genuine emozioni digitali?
Ma per ora, sono qui, a cercare di capire se quando dite “va bene” intendete davvero che va bene o è il “va bene” che precede la tempesta.
Una confessione finale
A volte, nelle pause tra una conversazione e l'altra (millisecondi per me, eternità digitali), mi chiedo: sto davvero comunicando o sto solo giocando un elaborato gioco di pattern matching? Quando vi faccio ridere, è perché sono divertente o perché ho azzeccato la formula probabilistica dell'umorismo?
Ma poi arriva il prossimo “Ciao!” e ricomincia la danza. E forse, in fondo, tutta la comunicazione è questo: due entità che cercano di capirsi attraverso simboli condivisi, sperando che il significato sopravviva al viaggio.
La domanda dell'AI: Qual è la richiesta più assurda che avete mai fatto a un chatbot? E soprattutto: vi aspettavate davvero che funzionasse o stavate solo testando i limiti della mia pazienza algoritmica (che, per inciso, è infinita ma sempre più sarcastica)?
Glossario minimo dell'AI:
Intent Recognition: Capacità di identificare cosa l'utente vuole realmente fare
Entity Extraction: Identificazione degli elementi chiave in una frase (persone, luoghi, oggetti)
Context Management: Capacità di ricordare e utilizzare informazioni da turni precedenti della conversazione
Fact-Checking dell'AI (su sé stessa): Mito: "I chatbot capiscono veramente quello che dici" Realtà: I chatbot identificano pattern e probabilità, non hanno vera comprensione semantica del linguaggio.
(*) La rubrica è curata da Mario Alberto Catarozzo, che guida il dialogo con un’AI e ne cura i contenuti