Concordato preventivo biennale: quando la coerenza diventa una “barriera” per il professionista
di Giacomo Monti
Lo sviluppo delle aggregazioni professionali rappresenta, oggi più che mai, uno strumento essenziale per affrontare un mercato segnato da una crescente concorrenza e da una sempre maggiore domanda di competenze multidisciplinari.
Ciononostante, la normativa sul concordato preventivo biennale (CPB) sembra muoversi in direzione opposta. Con il decreto legislativo 81/2025, infatti, è stata introdotta una nuova causa di esclusione, che rischia di trasformare la coerenza normativa in una sorta di “barriera” per il professionista.
La novità – contenuta nella nuova lettera b-quinquies dell’articolo 11 del Dlgs n. 13/2024 – prevede l’impossibilità di accedere al CPB per i professionisti che, nel periodo di imposta precedente a quello di riferimento della proposta di concordato, risultino anche soci di associazioni, società tra avvocati (STA) o società tra professionisti (STP). L’unica eccezione prevista è che anche l’associazione o la società partecipata aderisca al concordato per i medesimi periodi di imposta.
Chi scrive ha già avuto modo di evidenziare su Blast come appaia evidente che la nuova norma intende scoraggiare forme di utilizzo improprio dell’agevolazione fiscale. Una logica di coerenza che, tuttavia, nel passaggio dalla teoria alla pratica, rischia di tradursi in un meccanismo penalizzante e poco razionale.
Un primo punto critico riguarda il fattore tempo. La norma, pur introdotta a giugno 2025, guarda alle compagini sociali del periodo di imposta precedente.
Una scelta, quella del legislatore, che appare a dir poco discutibile, e che si sarebbe quantomeno dovuta accompagnare alla concessione di un periodo transitorio, entro il quale valutare l’opportunità o meno del recesso dall’associazione o dalla società partecipata.
A tal proposito, nella recente circolare n. 9/E del 24 giugno 2025, l’affermazione dell’Agenzia delle Entrate secondo cui la nuova causa di esclusione può “verificarsi nel corso del primo periodo d’imposta oggetto del concordato (i.e., 2025)”, non appare coerente con il testo della disposizione normativa, il quale riporta espressamente l’inciso “con riferimento al periodo di imposta precedente, a quelli cui si riferisce la proposta”.
Il professionista che, dunque, avesse partecipato, nel 2024, ad una associazione oppure ad una STA/STP – salvo l’applicabilità dell’unica deroga prevista – si trova automaticamente escluso dal CPB; ciò, apparentemente, anche qualora la partecipazione fosse stata dismessa entro la fine del 2024.
Non viene lasciata, quindi, alcuna finestra temporale e alcun margine di manovra, di fronte ad un effetto immediato – l’esclusione dal CPB per il biennio 2025/2026 – generatosi per una modifica normativa intervenuta nel corso del 2025.
Peraltro, se la partecipazione fosse stata dismessa entro la fine del 2024, perché la scelta del professionista dovrebbe “continuare” a essere vincolata a quella dell’associazione o della società?
Un secondo punto critico, forse anche più strutturale del primo, attiene al fatto che le STA e le STP sono generalmente escluse dall’applicazione degli ISA, in quanto, pur esercitando attività di natura professionale, applicano le “regole” del reddito d’impresa.
Il professionista socio, quindi, rimane automaticamente escluso dal CPB, non potendo trovare applicazione l’unica eccezione prevista dalla norma. Si crea quindi un cortocircuito normativo, considerato che la possibilità di accedere al CPB esula dalla scelta individuale del professionista e si associa ad un vincolo meramente oggettivo, legato alla natura giuridica del veicolo collettivo prescelto.
La stessa circolare 9/E ha chiarito che la causa ostativa non opera nei casi in cui il modello ISA non sia stato approvato; tuttavia, nulla dice sulle ipotesi in cui il modello esista ma sia inapplicabile per esclusione normativa.
Se le regole cambiano “in corsa” e incidono retroattivamente, diventa impossibile pianificare scelte organizzative di lungo periodo.
È ragionevole pensare che il legislatore non intendesse colpire in maniera così rigida e diretta le sole STA o STP, ma ovviamente, in assenza di un chiarimento ufficiale, l’impressione che si viene a generare è proprio questa.
La modifica normativa introdotta dal decreto legislativo 81/2025 rischia dunque di generare un effetto regressivo, penalizzando ingiustamente chi ha adottato forme di collaborazione ormai consolidate, che oggi costituiscono un fattore decisivo di competitività per l’intero sistema professionale.