Quello che l’intraprendenza professionale unisce, il CPB scoraggia
di Giacomo Monti
Viviamo un’epoca in cui l’aggregazione tra professionisti non rappresenta più un’opzione residuale o un’eccezione al tradizionale modello individuale, ma è diventata una necessità concreta, strategica e irrinunciabile.
In un contesto sempre più competitivo, globalizzato e complesso, la collaborazione strutturata tra professionisti consente non solo di offrire servizi integrati e di elevata qualità, ma anche di rispondere in modo più efficace e tempestivo alle esigenze dei clienti, che oggi richiedono assistenza a “360 gradi”, spesso multidisciplinare e altamente specializzata.
In tale scenario, frasi come “l’unione fa la forza” o “fare squadra per competere” non appartengono più al repertorio retorico del passato, ma tornano con forza rinnovata a rappresentare un principio guida dell’organizzazione professionale moderna. La sinergia tra competenze diverse, la condivisione di strutture e visione strategica, la mutualità tra professionisti e la capacità di investire su modelli innovativi di servizio sono tutti elementi che rafforzano la posizione sul mercato e, al tempo stesso, migliorano la qualità del lavoro.
La normativa nazionale ha dato diversi segnali di apertura in questa direzione. Prima con la L 183/2011 e poi anche con la legge 247/2012, si è introdotta la possibilità di costituire Società tra Professionisti (STP) e Società tra Avvocati (STA), superando l’idea della professione esclusivamente esercitata in forma individuale o associata. La normativa ha lasciato ampio spazio alla libertà organizzativa, consentendo ai professionisti di scegliere la forma societaria più adatta alla propria realtà, quindi, di costituire società di persone, società di capitali o anche società cooperative.
Tutto ciò ha rappresentato - e rappresenta tutt’ora - una risposta concreta a esigenze reali e crescenti, recepite dal legislatore solo dopo anni di dibattito ma finalmente riconosciute nella loro legittimità e nella loro utilità sistemica.
Tuttavia, in netta controtendenza rispetto a questa visione evolutiva della professione, si colloca la recente modifica, introdotta dall’articolo 9 del Dlgs 81/2025, alla disciplina del Concordato Preventivo Biennale (CPB), di cui al Dlgs 13/2024.
La norma introduce nuove cause di esclusione (articolo 11 del Dlgs 13/2024) e di cessazione (articolo 21 del medesimo decreto), applicabili a partire dalle opzioni esercitate per il biennio 2025-2026.
In sintesi, si istituisce un legame “inscindibile” tra l’adesione al CPB da parte di tutti i soci o associati che siano contemporaneamente anche titolari di una posizione individuale di lavoro autonomo e la società o l’associazione costituita per l’esercizio dell’attività professionale.
La scelta sembra derivare dalla volontà di scoraggiare comportamenti “elusivi”, finalizzati a dirottare gli incarichi professionali sul soggetto aderente al CPB, con conseguente risparmio fiscale globale tra i professionisti e la struttura societaria o associativa.
Tuttavia, ad avviso di chi scrive, non è chiaro il motivo per il quale il legislatore non abbia ritenuto opportuno contrastare tutte le possibili forme di utilizzo improprio dell’agevolazione fiscale. In tal senso, ad esempio, perché il socio professionista di una STP o STA dovrebbe essere maggiormente penalizzato rispetto a chi, pur percependo reddito di lavoro autonomo, è socio di una società - fornitrice di servizi di tenuta della contabilità - costituita in forma di società di capitali, di tipo tradizionale, e non come STP o STA?
Il risultato, ad avviso di chi scrive, è paradossale: ciò che l’intraprendenza aggregativa costruisce viene ora ostacolato da un sistema fiscale che, finisce per scoraggiare modelli organizzativi che, negli anni, si è, invece, cercato sempre più di incentivare. E tutto questo per mano dello stesso legislatore che continua ad esercitare “azioni persuasive” (offrendo, ad esempio, l’allettante opportunità del ravvedimento speciale) per cercare di incentivare l’adesione al CPB.
Ad avviso di chi scrive, nella sua attuale formulazione, il concordato non si limita a porre solo dei limiti tecnici, ma incide sulle scelte strutturali e strategiche delle aggregazioni professionali, rischiando di creare ostilità interne tra i soci di STP/STA, che si vedono di fatto preclusa la propria libertà di scelta.
L’auspicio è che il legislatore comprenda quanto sia miope penalizzare certe forme di collaborazione professionale strutturata, soprattutto in un momento in cui la competitività e la qualità dei servizi passano proprio dalla capacità di aggregarsi, innovare e cooperare.