Concordato preventivo biennale: le novità in arrivo tra esclusioni, addio ai forfetari e nuove scadenze
di Simona Baseggio e Barbara Marini
L’istituto del concordato preventivo biennale, a poco più di un anno dalla sua nascita, non ha ancora trovato la sua definitiva regolamentazione. È stato presentato oggi in Consiglio dei Ministri, e inizierà a breve il suo iter parlamentare per i necessari pareri, lo schema di decreto legislativo che apporta alcune significative integrazioni e modifiche su diversi aspetti della disciplina dettata dal Dlgs. 13/2024. Gli interventi contenuti nello schema riflettono l’intento del legislatore di razionalizzare il perimetro dei soggetti ammessi, rafforzare i meccanismi di deterrenza e, al contempo, semplificare l’adesione.
Il decreto correttivo interviene su più fronti: stop per i forfetari, incremento dell’imposta sostitutiva sopra gli € 85.000, nuove ipotesi di esclusione e cessazione, e proroga del termine di adesione. Inoltre il legislatore, con una norma di interpretazione autentica, corregge il tiro dell’Agenzia delle Entrate con riferimento ai conferimenti diversi dall’azienda o dal ramo di azienda (vedi Blast del 25/02/2025).
La prima novità, di forte impatto, è rappresentata dall’abrogazione del CPB per i contribuenti in regime forfetario, con effetto dal 1° gennaio 2025. Tale scelta è giustificata nella relazione illustrativa dal carattere sperimentale dell’applicazione dell’istituto a questa platea di contribuenti e dal limitato numero di adesioni registrate. È evidente l’intenzione di escludere dal concordato coloro che, per semplificazione contabile e fiscalità agevolata, presentano margini di scostamento difficilmente valutabili ex ante.
Il decreto prevede poi un inasprimento dell’imposta sostitutiva per quei soggetti che, aderendo al CPB, presentano un divario significativo tra il reddito concordato e quello dichiarato nel periodo d’imposta antecedente e quello oggetto di concordato. Se tale differenziale supera la soglia di 85.000 euro, sulla sola quota di reddito eccedente gli 85.000 euro l’imposta sostitutiva si applica con l’aliquota del 43% per i soggetti Irpef e con quella del 24% per i soggetti Ires. La misura, che mira a rendere più equo l’onere tributario per chi sottoscrive valori di reddito fortemente distonici rispetto alla propria effettiva capacità contributiva, si applica a partire dalle adesioni al CPB per il biennio 2025-2026. Rimangono quindi esclusi dall’incremento dell’imposta sostitutiva i soggetti che hanno aderito per il biennio 2024-2025.
Uno dei passaggi più rilevanti del correttivo riguarda l’introduzione di nuove cause di esclusione e cessazione dal CPB per i contribuenti che dichiarano redditi di natura professionale e che contestualmente operano in forma associata. In particolare, il lavoratore autonomo che dichiara redditi di cui all’articolo 54, comma 1, del Tuir, e che partecipa altresì ad un’associazione professionale o ad una società tra professionisti o tra avvocati, può aderire al concordato se e solo se anche tali soggetti giuridici accettano la proposta per gli stessi periodi d’imposta. Analogamente non può aderire al CPB l’associazione professionale o la società menzionata, nell’ipotesi in cui tutti gli associati o soci che dichiarano anche redditi di lavoro autonomo derivanti dall’esercizio di arti e professioni non aderiscano anch’essi al CPB per i medesimi periodi d’imposta. In mancanza di una adesione congiunta, si configura una causa di esclusione o, se l’adesione era già avvenuta, di cessazione. In pratica, o tutti dentro o tutti fuori.
Tali cause di esclusione e di cessazione operano a partire dalle adesioni al CPB per il biennio 2025-2026 e di conseguenza nulla cambia per i soggetti (professionisti, associazioni, STP e società tra avvocati) che hanno aderito per il primo biennio.
Ulteriore novità del decreto correttivo è la proroga al 30 settembre (o all’ultimo giorno del nono mese successivo alla chiusura del periodo d’imposta per i soggetti con esercizio non coincidente con l’anno solare) del termine per aderire alla proposta di concordato, sostituendo il precedente termine del 31 luglio (ultimo giorno del settimo mese successivo alla chiusura del periodo d’imposta per i “soggetti non solari”). Si tratta di una modifica coerente con la volontà di distribuire in modo più razionale gli adempimenti fiscali, anche in considerazione delle tempistiche tecniche per la generazione delle proposte da parte dell’Agenzia.
Da ultimo, tra le novità spicca una norma di interpretazione autentica che chiarisce in via definitiva che non costituiscono causa di esclusione o cessazione dal CPB i conferimenti diversi da quelli aventi ad oggetto aziende o rami d’azienda. È dunque definitivamente escluso che il conferimento in denaro, come erroneamente sostenuto dall’Agenzia delle Entrate in occasione di Telefisco 2025, possa determinare la fuoriuscita dal concordato.
Il nuovo quadro normativo restituisce un CPB più selettivo, ma anche più coerente nei meccanismi applicativi. Resta da vedere se le nuove regole, e in particolare l’esclusione dei forfetari, incideranno sul tasso di adesione al concordato, che rappresenta uno dei pilastri della riforma orientata alla compliance collaborativa.