Cattivi pensieri (ma non sempre) - Quel solito “vizietto” delle norme (sostanziali) retroattive
di Dario Deotto
Tra le varie novità contenute nel “decreto fiscale” n. 84/2025 (convertito dalla legge n. 108) – che, di fatto, ha assunto le veci dell’ennesima correzione alle disposizioni attuative della riforma fiscale –, vi è l’espressa riconducibilità delle plusvalenze relative alla cessione delle quote di associazioni professionali (e degli enti assimilati) tra i redditi diversi.
Come si ricorderà, con le modifiche apportate dalla revisione del reddito di lavoro autonomo, sono state tolte dall’articolo 67 Tuir le parole “escluse le associazioni” di cui all’articolo 5 del Tuir, con l’intento (forse) – riportato nella relazione illustrativa – di attrarre le predette cessioni nella disciplina dello stesso reddito di lavoro autonomo.
Tale soluzione però non risultava del tutto convincente anche perché – come riportato da Luigi Lovecchio su Blast (si veda Cessione delle quote di associazioni professionali tra i redditi diversi, ma con una serie di nodi da risolvere) – il fatto di avere cancellato l’esclusione delle plusvalenze delle quote di associazioni professionali dalla categoria dei redditi diversi poteva comportare proprio l’attrazione di tali plusvalori all’interno di questa tipologia reddituale.
Il Dl n. 84/2025 risolve a questo punto il problema stabilendo espressamente che le plusvalenze relative alla cessione di quote di associazioni e società professionali, diverse dalle società di capitali, rientrano tra i redditi diversi.
Continua a leggere con una prova gratuita di 7 giorni
Iscriviti a Blast - Quotidiano di diritto economia fisco e tecnologia per continuare a leggere questo post e ottenere 7 giorni di accesso gratuito agli archivi completi dei post.