Anche l’indagine storica in materia di prova bancaria non supporta la sua natura di presunzione legale
di Luciano Sorgato
Nonostante la Corte di Cassazione, come già rappresentato nello scritto del 6 marzo (con postilla di Dario Deotto), sia ferma nel configurare la prova bancaria alla stregua di una presunzione legale relativa, con il diritto alla prova contraria esperibile dal contribuente, ma solo con il ricorso a fonti informative molto rigorose sul piano della trasparenza sia soggettiva che oggettiva delle singole operazioni di conto, tale inquadramento non appare però avallato non solo dalla versione letterale corrente della norma, ma neppure dall’indagine storica dei supporti normativi che nel tempo l’hanno regolamentata.
In ordine a tale esame storico, appare utile riportare il passaggio testuale rinvenibile nella sentenza della Corte Costituzionale n. 10 del 31 gennaio 2023: “All’esame delle questioni sollevate dalla Commissione tributaria provinciale di Arezzo, è opportuno premettere, in estrema sintesi, il quadro normativo di riferimento nel quale si colloca l’art 32, primo comma, n. 2), del DPR n. 600/1973… Tale norma è stata inserita nel DPR n. 600 del 1973 dall’art. 1 del DPR 463 del 15 luglio 1982, quale strumento per contrastare fenomeni di evasione in un contesto storico nel quale operava ancora il segreto bancario… (in raccordo, quindi, con specifiche ipotesi di comprovate infrazioni che consentivano agli Uffici di disporre di una preliminare dote indiziaria di gravi elementi idonea a connotare come ragionevole una condotta di rilevante evasione, la quale peraltro costituiva l’imprescindibile presupposto per il rilascio dell’autorizzazione ad intraprendere la specifica istruttoria da parte dell’allora Presidente della Commissione Tributaria di primo grado territorialmente competente)”.
Da quanto sopra, nonostante la previsione dell’articolo 32 del Dpr 600/1973 venga costantemente catalogata dalla stessa Consulta (e dalla Cassazione) come una presunzione legale, emerge che la stessa poggiava i suoi fondamenti su dinamiche istruttorie perentoriamente indicate dal legislatore, definite, peraltro, con una precisa sequenzialità di coordinate che rendevano evidente come il meccanismo presuntivo alla base della prova bancaria fosse solo quello di rafforzamento del valore indiziario delle prove già raccolte.
Non si tratta, quindi, di un’intersezione di presunzioni già dotata di piena autosufficienza, ma solo di prova di c.d. “secondo livello”, cioè di corroborazione indiziaria delle prove già acquisite. Le indagini finanziarie, originariamente concepite dal legislatore come strumento di verifica eccezionale per colpire situazioni di grave evasione fiscale, sono state poi trasformate in una dinamica di controllo generalizzata, intraprendibile nei confronti di chiunque (indipendentemente dalla previsione legislativa di obblighi di tenuta di scritture contabili). Tuttavia, il quadro normativo, come venutosi a mutare nel tempo, non ha mai interagito con il valore indiziario della prova bancaria, nel senso che anche con la successiva L. 413/1991 il legislatore ha solo provveduto ad affrancarne l’impulso istruttorio da certi condizionamenti procedurali ed autorizzatori, ma nulla ha innovato in ordine al suo valore, che non può che essere indiziario. Tant’è che la mancanza di adozione di chiare varianti legislative in ordine alla catalogazione della prova bancaria ha portato, in più occasioni, la giurisprudenza di merito a continuare ad intenderla alla mera stregua di una presunzione semplice, la cui portata inferenziale, in ordine alla necessaria struttura ternaria della gravità, precisione e concordanza, deve intendersi ancora rimessa (senza soluzione di continuità) al libero scrutinio e convincimento del giudice tributario (cfr Comm. Trib. Reg. di Perugia n. 79/3/2013, Comm. Trib. Prov. di Rieti n. 139/1/2013, Comm. Trib. Prov. di Roma n. 135/3/2014, Comm. Trib. Prov. di Campobasso n. 181/2/2014, Comm. Trib. Prov. di Reggio Emilia n. 240/3/2014, Ctr di Venezia n. 794 del 15/6/2016).
La mancanza di rinforzo indiziario a favore della Finanza, peraltro era sostenuto anche dalla stessa Amministrazione finanziaria, la quale con la nota 22 aprile 1980, n. 420334 (in Dir. Prat. Trib., I, 1980, pagg. 923 e ss.) e con le risoluzioni 4 ottobre 1980 n. 420473 (in Diritto pratica tributaria, I, 1981, pagg 286 e ss), 11 luglio 1981 n. 370886 (in Diritto pratica tributaria, I, 1981, pagg 1600 e ss); 4 giugno 1992, n. 530607 (in Bollettino tributario, 1992, pag. 1850), confermava che le violazioni rilevate in via presuntiva sulla base di movimenti finanziari possono essere sostenute nella misura in cui risultino acquisiti elementi che autorizzano a collegare tali movimenti con operazioni commerciali imponibili. Sarà cura dell’Ufficio pertanto, accertare se effettivamente sussistono concreti elementi, quali, ad esempio, lettere commerciali, ordinativi, ecc…, dai quali si possono trarre indicazioni certe, tali da poter dar luogo a presunzioni assistite da gravità, precisione e concordanza, al fine di stabilire se a fronte di tutti o taluni movimenti di capitali siano state poste in essere operazioni commerciali.”.
Ora, quindi:
se anche nello storico intendimento valutativo del Ministero delle Finanze la prova bancaria era da intendere non come prova autosufficiente, ma solo come prova di supporto e completamento di valori indiziari già emersi e già correlabili con relazione specifica alle operazioni bancarie causalmente non giustificate,
se con l’articolo 18 della Legge 413/1991, il Legislatore si è limitato solo a rimuovere i numerosi vincoli ed ostruzioni che in precedenza condizionavano il libero impiego della prova bancaria, senza, però, ingerirsi con innovative prerogative rispetto al passato,
se prima delle citate novità legislative, la prova bancaria veniva generalmente intesa (inclusa l’Amministrazione Fin.) come presunzione semplice, in forza di quale astratto ordine di principi giuridici deve ritenersi volturata la prova bancaria in presunzione legale, con piena inversione dell’onere della prova a carico del contribuente?
Anche la Corte Costituzionale nella sentenza n. 10 del 31 gennaio 2023, pur considerando la presunzione bancaria alla stregua di una presunzione legale, non procede ad individuare alcuna norma che consenta di ancorare il mutamento del paradigma indiziario da presunzione semplice a presunzione legale.