Volontariato e Codice del Terzo Settore: ruolo, regole e responsabilità
di Pamela Rinci
Il volontariato rappresenta una delle colonne portanti del Terzo Settore, espressione autentica della solidarietà e della partecipazione attiva dei cittadini alla vita sociale. Il Codice del Terzo Settore (DLgs 117/2017) ne disciplina con precisione caratteristiche, limiti e tutele, restituendo una cornice normativa unitaria e coerente per enti e volontari.
Le diverse tipologie di volontariato
Il Codice definisce il volontario (articolo 17, comma 2) come una persona che “per sua libera scelta svolge attività in favore della comunità e del bene comune, anche per il tramite di un ente del Terzo Settore, mettendo a disposizione il proprio tempo e le proprie capacità, in modo personale, spontaneo e gratuito, senza fini di lucro”. Quindi si tratta di colui che agisce liberamente, gratuitamente e senza fini di lucro, mettendo a disposizione il proprio tempo e le proprie competenze per la comunità.
Il volontario può agire in maniera diretta oppure essere coordinato in gruppi organizzati, contribuendo allo svolgimento delle attività istituzionali dell’ente.
Per “fare” volontariato in modo regolare, occorre:
• formalizzare l’adesione all’ente: con atto scritto che definisca attività, mansioni e durata;
• iscriversi nel registro dei volontari (obbligatorio);
• essere coperti da assicurazione contro infortuni, malattie e responsabilità civile verso terzi (obbligo a carico dell’ente);
• operare secondo i principi di gratuità e autonomia, senza vincoli di subordinazione e retribuzione.
Le organizzazioni di volontariato possono rimborsare ai volontari le spese effettivamente sostenute e documentate per l'attività svolta (viaggio, vitto, alloggio, etc.). Questi rimborsi non costituiscono reddito imponibile, purché siano adeguatamente giustificati e rientrino nei limiti previsti dalla normativa. È cruciale che l'organizzazione mantenga una documentazione precisa di tali rimborsi, prevedendo pertanto i seguenti obblighi:
• le spese siano documentate, tracciabili e autorizzate dall’ente;
• il rimborso sia previsto da regolamento interno approvato dall’organo competente;
• non vi siano forme di retribuzione o compenso mascherato (pena la perdita della qualifica di volontario).
Il Codice consente una forma di rimborso semplificata, mediante autocertificazione per importi: non superiori a 10 euro giornalieri, e 150 euro mensili, a condizione che l’ente abbia deliberato in merito alle tipologie di spese ammesse e alle attività coinvolte.
Il superamento di queste soglie richiede la documentazione giustificativa delle spese.
Il volontario non è un “collaboratore gratuito”, ma un soggetto con diritti e doveri, partecipe di una visione collettiva.
Il costo figurativo del volontariato in bilancio: il costo che “sfugge”?
Dal punto di vista contabile, il Codice introduce l’obbligo per alcuni ETS di stimare il valore economico dell’attività volontaria (il “costo figurativo”), per renderne visibile il peso reale all’interno del bilancio e del bilancio sociale.
Gli ETS (con determinate soglie dimensionali) devono indicare nel bilancio sociale o nella relazione di missione il valore economico delle prestazioni volontarie, come costo figurativo.
Questa valutazione ha lo scopo di dare evidenza concreta dell’apporto dei volontari, valorizzare il patrimonio immateriale dell’ente, migliorare la trasparenza nei confronti di soci, finanziatori e stakeholder.
Ma attenzione: la stima si basa su criteri oggettivi (es. valore orario della prestazione secondo tabelle pubbliche o professionali), non comportando alcun effetto fiscale o retributivo e, non meno importante, tale costo contribuisce al peso delle attività istituzionali (o di interesse generale) nella determinazione del rapporto tra le stesse e le attività commerciali connesse. Rapporto mediante il quale si potrà stabilire o meno la commercialità dell’Ente.
Trovare il giusto equilibrio tra gli aspetti fiscali e contabili e l'etica del volontariato è fondamentale. La normativa fiscale mira a non penalizzare chi dona il proprio tempo e a incentivare il sostegno economico, ma deve anche prevenire abusi o utilizzi impropri delle agevolazioni. L'etica, d'altra parte, guida i comportamenti di tutti gli attori coinvolti, garantendo che l'azione volontaria rimanga autentica e orientata al bene comune.
Registro dei volontari: obblighi e forma
Tutti gli ETS che si avvalgono di volontari non occasionali devono tenere un registro dei volontari, in formato cartaceo o elettronico, debitamente vidimato, che deve avere i seguenti contenuti minimi:
· dati anagrafici del volontario;
· codice fiscale;
· data di inizio e fine dell’attività;
· tipologia di attività svolta.
Se tenuto in forma cartacea deve essere numerato, bollato e vidimato da un notaio o segretario comunale. Se invece si opta per la compilazione di un file excel o similari telematici, la forma elettronica deve garantire l’inalterabilità e la tracciabilità (firma digitale, marca temporale, quindi garanzia della data certa).
La tenuta del registro è condizione essenziale per la copertura assicurativa obbligatoria dei volontari e per evitare contestazioni in sede di controlli o responsabilità.
Conclusioni
Il volontariato non è solo un gesto di generosità: è un atto civico, una risorsa strategica e, grazie al Codice del Terzo Settore, anche un’attività regolata.
Per gli enti che vogliono costruire percorsi di impatto sociale duraturi e trasparenti, valorizzare i volontari è il primo passo. Farlo nel rispetto delle regole non è un ostacolo, ma una garanzia di sostenibilità, tutela e crescita comune.
La gratuità, infatti, non è l’assenza di valore, ma la sua forma più alta.
-
Foto di Gerd Altmann da Pixabay