Vincoli senza misura: la sentenza 593/2025 della Corte d’Appello di Catania e i confini del patto di non concorrenza
di Gabriele Silva
Il patto di non concorrenza è una clausola silente ma incisiva: posta in coda al contratto di lavoro, sembra un dettaglio formale; se male impostata, invece, può paralizzare una carriera. Nel nostro ordinamento, l’articolo 2125 c.c. consente al datore di lavoro di limitare, per un periodo massimo di tre anni (cinque per i dirigenti), l’attività del lavoratore dopo la cessazione del rapporto. Limite legittimo, purché:
venga stipulato per iscritto;
sia circoscritto per oggetto, tempo e luogo;
preveda un corrispettivo proporzionato;
non precluda al lavoratore un’occupazione dignitosa, in linea con l’articolo 36 Cost.
La sentenza 593/2025, depositata l’11 luglio dalla Corte d’Appello di Catania, riafferma con nettezza questo equilibrio. Il Collegio ha confermato la nullità di un patto che imponeva a un product manager, per 18 mesi e su tutto il territorio nazionale, il divieto di svolgere qualsiasi attività di “sviluppo di applicazioni software e componenti software per applicativi industriali, applicativi web, applicativi grafici su piattaforme Microsoft .NET e Apple iOS”, a fronte di 150 euro mensili di corrispettivo.
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