Videogiochi e proprietà intellettuale: quando i brevetti ti tengono in gioco
di Dario Natali
I videogiochi rappresentano oggi una delle forme di intrattenimento più diffuse e redditizie al mondo. Tuttavia, la loro protezione giuridica solleva interrogativi complessi, collocandosi all’incrocio tra diritto d'autore, brevetti, marchi e nuovi modelli digitali. La qualificazione giuridica del videogioco come "opera" è ormai condivisa nella dottrina e nella giurisprudenza, ma il riconoscimento e la tutela dei singoli elementi che lo compongono richiedono un’analisi articolata.
Un videogioco, infatti, combina codice sorgente, grafica, suoni, architetture narrative e dinamiche di interazione. Mentre le regole del gioco in sé (intese come meccaniche astratte) non sono brevettabili, le soluzioni tecnologiche adottate nello sviluppo del software, i motori di gioco, le interfacce e le funzionalità di rete possono essere oggetto di tutela brevettuale.
Non è raro che le software house più strutturate depositino brevetti relativi all'ottimizzazione dei server di gioco, all’automazione della generazione di contenuti o a strumenti per la creazione realistica dei movimenti dei personaggi. In parallelo, l’adozione di soluzioni blockchain per la gestione della proprietà digitale o per il salvataggio dei progressi di gioco offre nuove prospettive di tutela, ma anche nuovi rischi legati alla interoperabilità e al controllo del dato.
Accanto al brevetto, permane centrale il ruolo del diritto d’autore, che protegge la forma espressiva del videogioco: ambientazioni grafiche, personaggi, musiche, sceneggiature. In alcuni casi, anche la struttura del gameplay può essere protetta, purché si dimostri un livello sufficiente di originalità creativa. Tuttavia, la proliferazione di "cloni" di videogiochi (in particolare nel mercato mobile) dimostra i limiti dell’attuale sistema, frammentato a livello internazionale e spesso incapace di fornire strumenti rapidi di enforcement.
Il fenomeno del modding – modifiche al gioco effettuate dagli utenti – solleva ulteriori questioni. Sebbene talvolta incoraggiato dalle stesse case produttrici per aumentare l'engagement, il modding può sconfinare nella violazione dei diritti del titolare dell'opera, specie se altera elementi protetti o sostituisce contenuti a pagamento. Anche l’uso di contenuti protetti di terzi all’interno dei giochi (es. veicoli, armi, brani musicali, architetture) richiede attenzione, dato che l’uso realistico non esclude la necessità di licenza, come confermato da diversi precedenti giurisprudenziali.
Nel contesto attuale, in cui il videogioco sta evolvendo da prodotto a servizio digitale perpetuo (game-as-a-service), le problematiche di proprietà intellettuale si espandono ulteriormente. Il caso di piattaforme come Fortnite o Roblox, che integrano eventi live, marketplace digitali e contenuti generati dagli utenti, evidenzia come il videogioco sia diventato uno spazio culturale e sociale, oltre che ludico.
Infine, la (possibile) transizione verso il Metaverso rende ancora più urgente una riflessione sistemica. La possibilità di interazioni permanenti e l’ibridazione tra contenuti di proprietà diversa richiedono strumenti normativi flessibili ma chiari. Il diritto d'autore, i brevetti e le licenze devono adattarsi a un contesto dove gli utenti non solo consumano contenuti, ma contribuiscono alla loro creazione e diffusione.
Prodotti come Fortnite, Roblox o Second Life sono configurabili come proto-metaversi, ove la produzione di contenuti da parte di utenti e sviluppatori si intreccia con meccanismi di licenza, monetizzazione e proprietà.
Nel Metaverso, le sfide per la tutela della proprietà intellettuale sono moltiplicate. Innanzitutto, l’interoperabilità tra piattaforme implica la circolazione non autorizzata o distorta di asset IP; i modelli decentralizzati, al contrario, complicano l’individuazione del soggetto responsabile per l’uso illecito dell’IP e rendono difficile il licensing puntuale, infine, le licenze implicite su avatar, skin, oggetti virtuali e contenuti generati dall’utente, previste contrattualmente, possono operare una cesura tra titolarità formale e disponibilità sostanziale dei diritti.
La protezione dei videogiochi come opere intellettuali, dunque, non può limitarsi a uno schema rigido: deve saper combinare strumenti tradizionali e nuovi modelli contrattuali, guardando con pragmatismo alle evoluzioni tecnologiche. In questo scenario, il diritto non può restare in secondo piano, ma deve accompagnare e anticipare l’innovazione, garantendo equilibrio tra creatori, utenti e titolari dei diritti.
L’evoluzione dell’industria videoludica contemporanea ha determinato una progressiva convergenza tra intrattenimento interattivo e soluzioni tecnologiche complesse, rendendo il videogioco un contenitore integrato di invenzioni brevettabili. La mera componente ludica è oggi subordinata a strutture tecniche avanzate che spaziano dall’intelligenza artificiale applicata (es. sistemi adattivi di difficoltà e suggerimenti dinamici in-game) fino a sistemi avanzati di realtà aumentata e virtuale, rendering stereoscopico, localizzazione simultanea e tecnologie per la sicurezza in ambienti immersivi.
La protezione brevettuale è pertanto frequentemente invocata per tutelare: motori di gioco e algoritmi IA integrati; sistemi di backend e architetture distribuite per la gestione di rete, edge computing e contenuti multigiocatore; strumenti software interni per l’automazione del coding, della grafica, dell’animazione facciale e della fisica di gioco; tecnologie audio spaziali e comunicazioni in tempo reale; hardware dedicato ; tecnologie accessorie come l’upscaling dei giochi legacy, la retrocompatibilità e i sistemi di accessibilità per utenti con disabilità; soluzioni blockchain-based per l’integrità dei dati e la tracciabilità proprietaria.
Tali tecnologie soddisfano i requisiti di brevettabilità laddove presentano carattere tecnico, attività inventiva e industrialità, requisiti non sempre scontati. Pertanto, in un contesto competitivo, ove possibile la strategia brevettuale diviene un asset fondamentale per la difesa della posizione di mercato, la valorizzazione degli intangible assets e la deterrenza contro imitazioni.
Parallelamente, si evidenziano problematiche di enforcement nell’ambito della proprietà intellettuale, specie rispetto a cloni, emulatori che riflettono le ambiguità normative e l’assenza di armonizzazione tra le giurisdizioni a livello internazionale.
La protezione brevettuale all’interno del Metaverso assume quindi una funzione critica e sistemica: non solo come tutela dell’innovazione tecnologica, ma anche come strumento di controllo delle dinamiche di costruzione, accesso e migrazione tra ambienti digitali. Le invenzioni che abilitano o regolano l'interazione nel Metaverso (es. protocolli di interoperabilità, motori grafici 3D persistenti, infrastrutture di proprietà distribuita) sono candidate naturali per una tutela brevettuale, a condizione che superino le barriere legate alla “tecnicità” e non si limitino a implementazioni astratte.
Il regime brevettuale deve adattarsi a una nuova dimensione applicativa che supera la materialità del bene e si proietta nella costruzione di spazi digitali autonomi e persistenti. La centralità dell’IP nella progettazione nel mondo dei videogiochi richiede un bilanciamento tra tutela dell’innovazione, protezione degli utenti e rispetto delle eccezioni normative, al fine di evitare la privatizzazione del diritto da parte delle piattaforme dominanti.