Capita, talora, che non vi sia interesse ad istituire un trust in vita in quanto, essendo l’esigenza prevalentemente focalizzata sul “dopo di noi”, si vuole che il trust diventi operativo dopo la nostra morte.
In questo caso si possono valutare tre possibili soluzioni. La prima è quella del trust testamentario, ossia del trust che nasce con il testamento e che prende vita dopo la morte del de cuius. È nel testamento che è contenuto l’atto di trust o, comunque, nel testamento, sono contenuti gli elementi che un esecutore testamentario dovrà tenere in considerazione nel dare vita al trust.
La scelta presenta talune difficoltà operative da non trascurare. Infatti, occorre considerare che il trust nella sua fase di avvio va un po’ “rodato”.
Optare per un trust testamentario può presentare quindi, a mero titolo di esempio, una serie di criticità. Se i soggetti che sono stati designati come trustee o guardiano non accettano l’incarico, pur prevedendo che nel testamento vi sia una soluzione a questo momento di impasse, ci si troverà inevitabilmente di fronte a dei momenti di difficoltà maggiori rispetto a quelli che posso presentarsi in un trust “ordinario, ove tali criticità possono essere “governate” dal disponente in quanto ancora in vita.
Da un punto di vista tributario, è oramai pacifico che se viene istituito un trust “ordinario” e questo dura oltre la vita del disponente l’imposta di donazione sarà dovuta nella fase finale, ovvero nel momento di attribuzione dei beni ai beneficiari.
Cosa accade invece in ipotesi di trust testamentario? Si tassa alla morte del disponente o alla fine del trust?
Sul punto, fino a qualche tempo fa, la situazione poteva apparire incerta, anche se l’Agenzia, con la C.M. n. 34/2022, implicitamente pareva ammettere la tassazione nella fase finale anche in ipotesi di trust testamentario.
Oggi la questione è stata definitivamente risolta ad opera del Dlgs. n. 139/2024. Laddove, infatti, il legislatore ammette che anche per i trust testamentari è possibile esercitare l’opzione per la tassazione anticipata, implicitamente significa che a regime la tassazione deve avvenire nel momento di passaggio dei beni ai beneficiari, anche con il trust testamentario.
Quindi il trust “ordinario”, ossia quello istituito dal disponente ancora in vita, potrebbe essere preferibile al trust testamentario essendovi minori probabilità che l’istituto si inceppi.
Potrebbe, quindi, essere conveniente che un soggetto ancora in vita istituisca il proprio trust, magari dotandolo di un patrimonio anche modesto e nomini detto trust proprio erede.
Si deve, a questo punto, verificare se anche il trust “erede” sconti imposta di successione o donazione nella fase finale, ossia nel momento di passaggio dei beni dal trustee al beneficiario. Sul punto utili chiarimenti sono stati forniti dall’Agenzia, con la risposta ad interpello n. 90/2024.
Detta risposta, avente il seguente oggetto fuorviante “Imposta di successione in caso di trust testamentario”, affronta in realtà il diverso caso del “trust erede”, affermando che anche per detto trust l’imposizione deve avviene nella fase finale.
Rimane ovviamente da valutare se questa impostazione può intendersi confermata anche in vigenza della novella: la risposta sembrerebbe essere positiva.
Forse il trust erede è più fluido del trust testamentario. In entrambi i casi, tuttavia, occorre evidenziare che si tratta di soluzioni che potrebbero presentare criticità collegate alla lesione della legittima. Il problema si pone, ad ogni buon conto, anche con la terza soluzione che di seguito proponiamo, ossia quella del trust “all’americana”.
Spesso i cittadini americani istituiscono, quando ancora in vita, un trust con le seguenti caratteristiche:
il disponente coincide con la figura del trustee;
il disponente conserva il diritto di revocare il trust.
Si tratta di trust palesemente interposti. L’interposizione, tuttavia, verrebbe meno con la morte del disponente in quanto questi non potrebbe ovviamente più rivestire il ruolo di trustee né potrebbe revocare il trust.
Al momento la criticità di questi trust è data dal fatto che l’Agenzia ritiene che l’interposizione esplichi effetto non solo ai fini delle imposte dirette, ma anche ai fini dell’imposta di successione e donazione. Conseguentemente, quindi, alla morte del disponente i beni disposti in trust dovrebbero ricadere nell’attivo ereditario.
Si tratta di una tesi non condivisibile, che dovrà necessariamente essere rivista, ma con la quale oggi dobbiamo convivere.