Trump, l'Europa, i nuovi equilibri internazionali: ora c'è posto solo per la Sostenibilità “utile”
di Cesare Tomassetti – ESG Expert
Se vi occupate di sostenibilità o, comunque, questo tema suscita il vostro interesse, nelle ultime settimane vi sarà certamente capitato di ascoltare considerazioni del tipo: "Ora che Trump è tornato alla Casa Bianca, la sostenibilità è destinata a scomparire".
Un'affermazione provocatoria, certo, ma che riflette il clima di incertezza che pervade il dibattito internazionale.
L'insediamento del presidente degli Stati Uniti Donald Trump segna un'inversione di rotta rispetto alle politiche ESG adottate negli ultimi anni. La sua decisione di uscire dall'Accordo di Parigi, incentivare le trivellazioni petrolifere e smantellare le regolamentazioni sulle energie rinnovabili potrebbe avere ripercussioni significative su scala internazionale. L'annuncio di una "emergenza energetica nazionale" e la volontà di ridimensionare gli obblighi legati alla transizione verde pongono interrogativi su possibili contraccolpi negli equilibri del mercato energetico globale. Tuttavia, questa fase di transizione normativa non deve tradursi in una paralisi decisionale per le imprese: piuttosto, le organizzazioni devono cogliere questa incertezza come un'opportunità per ridefinire il proprio approccio alla sostenibilità in chiave strategica e di creazione di valore.
Anche in Europa l'attuale panorama della rendicontazione di sostenibilità è caratterizzato da un'intensa evoluzione normativa e da un crescente livello di complessità per le imprese.
L'introduzione della Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD) ha significativamente ampliato gli obblighi di disclosure, mentre la Corporate Sustainability Due Diligence Directive (CS3D) imporrà alle imprese di maggiore dimensione un obbligo di azione lungo la catena del valore per identificare e affrontare gli impatti negativi.
In questo scenario, la proposta della Commissione Europea per un "Regolamento Omnibus" che dovrebbe vedere la luce entro il mese di febbraio 2025 ha l’obiettivo di semplificare gli obblighi di reporting, riducendo gli oneri burocratici senza compromettere gli standard di trasparenza e affidabilità dei dati ESG.
Nel documento del 29 gennaio 2025 "A Competitiveness Compass for the EU", la Commissione Europea sottolinea la necessità di migliorare la competitività europea attraverso un equilibrio tra regolamentazione e innovazione.
Tuttavia, la riduzione degli oneri burocratici non deve essere interpretata come un allentamento degli standard di trasparenza, bensì come un'opportunità per rendere il reporting ESG più accessibile e funzionale al business
Cosa fare ora: sostenibilità oltre la compliance
L'adozione di una prospettiva meramente normativa rischia di ridurre la sostenibilità a un esercizio di conformità formale, privo di impatti sostanziali sul valore delle organizzazioni. Al contrario, una sostenibilità "utile" deve essere incentrata su tre pilastri fondamentali:
identificazione e mitigazione dei rischi ESG: l'integrazione dei fattori ambientali, sociali e di governance nel sistema di risk management aziendale deve essere finalizzata ad intercettare e prevenire impatti negativi sulla performance finanziaria e sulla reputazione dell'impresa;
incorporazione della sostenibilità nella strategia aziendale: la “dimensione” della sostenibilità non deve sostituirsi ma affiancarsi agli strumenti di pianificazione, gestione e controllo delle performance economico-finanziarie delle imprese. Questo si traduce in un ampliamento degli orizzonti a nuovi driver di valore per le imprese, finalizzati ad identificare e supportare un vantaggio competitivo duraturo, derivante dalla prevenzione dei rischi, dalla riduzione dei costi operativi, dall'accesso facilitato ai capitali e dall'incremento della fedeltà dei clienti;
creazione di valore a lungo termine: un approccio olistico alla sostenibilità consente di migliorare l'attrattività dell'impresa nei confronti degli investitori e degli stakeholder, favorendo l'innovazione e lo sviluppo di nuovi prodotti e servizi sostenibili.
Superare l'incertezza normativa: un approccio strategico
In sostanza, alle aziende è richiesto oggi di superare questa fase di “fluidità normativa” per sviluppare un approccio flessibile e adattivo alla rendicontazione di sostenibilità.
Risulta indispensabile, anzi urgente, un'integrazione progressiva dei fattori ESG nei processi decisionali, con una prospettiva di lungo periodo. Questo significa:
adottare una visione proattiva: anticipare le evoluzioni normative e allinearsi alle best practice internazionali, anziché attendere la definizione degli obblighi legislativi;
investire nella digitalizzazione della rendicontazione: l'uso di strumenti tecnologici avanzati consente di migliorare la qualità e l'affidabilità dei dati ESG, riducendo al contempo i costi di compliance.
favorire il dialogo con gli stakeholder: un engagement trasparente con investitori, clienti e regolatori permette di costruire una strategia ESG solida e autentica.
L'attuale incertezza normativa non può essere un alibi per la passività, ma un incentivo a sviluppare una sostenibilità orientata al valore.
Esistono validi argomenti per affermare che imprese capaci di superare la logica della compliance “reattiva” acquisiranno importanti vantaggi competitivi. La transizione verso una sostenibilità "utile" non è (solo) un imperativo etico, ma una scelta imprescindibile per aspirare al successo nel lungo termine.