Transizione delle ONLUS al Terzo Settore: panoramica e scelte strategiche
di Pamela Rinci
La riforma del Terzo settore, ormai pienamente operativa, imporrà alle realtà ancora iscritte come ONLUS di affrontare una scelta non più rinviabile.
Il calendario è stringente. Con la soppressione dell’Anagrafe delle ONLUS, le organizzazioni che ancora possiedono questa qualifica dovranno valutare l’ingresso nel Registro Unico Nazionale del Terzo settore (Runts) entro il termine ultimo del 31 marzo 2026.
Per iscriversi, sarà necessario aggiornare lo statuto secondo le disposizioni inderogabili del Codice del Terzo settore, presentare l’atto costitutivo e depositare gli ultimi due bilanci, redatti sempre secondo gli schemi approvati dal DM Lavoro 5 marzo 2020. Si ricorda, infatti, che secondo la nota 1974/2021 del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, le ONLUS erano già obbligate a rispettare i criteri di trasparenza e rendicontazione propri degli ETS.
Attenzione: se l’ente non si iscrive entro il 31 marzo, scatterà l’obbligo di devoluzione del patrimonio incrementale, ovvero dei beni acquisiti dopo il riconoscimento della qualifica di ONLUS.
Le ONLUS si trovano quindi di fronte a un significativo bivio; esaminiamo quindi, seppure in sintesi, le principali trasformazioni possibili.
1. Ente del Terzo Settore (ETS)
La forma base per le ex ONLUS è quella di trasformarsi in un generico Ente del Terzo Settore. Questa categoria è inclusiva e consente di svolgere molti degli obiettivi e delle attività che venivano effettuati sotto la qualifica di ONLUS.
2. Impresa Sociale
Per molte ONLUS — in particolare per quelle che operano con un’organizzazione imprenditoriale e generano entrate da attività economiche — la forma dell’impresa sociale potrebbe rappresentare una naturale evoluzione.
Il passaggio, però, non è automatico e richiede un’attenta valutazione.
Il test di commercialità previsto dall’articolo 79 del Codice è il primo passo per determinare se l’ente debba essere qualificato come ETS commerciale o non commerciale.
Le ONLUS che, pur mantenendo finalità solidaristiche, svolgono attività a pagamento con corrispettivo specifico (ad esempio sponsorizzazioni, cessioni di beni o servizi) e realizzano un avanzo economico, potrebbero trovare nell’impresa sociale una soluzione coerente con il proprio modello operativo, che offre anche vantaggi fiscali.
L’impresa sociale, infatti, pur non avendo scopo di lucro, consente di reinvestire gli utili nelle proprie attività istituzionali, usufruendo di una fiscalità agevolata prevista dall’articolo 18 del Dlgs 112/2017 che ne prevede la detassazione se destinati a riserva.
3. Associazione di Promozione Sociale (APS)
Le ONLUS che si concentrano principalmente su attività di promozione sociale, culturale, educativa o ricreativa possono prendere in considerazione la trasformazione in Associazioni di Promozione Sociale (APS). Le APS beneficiano di vantaggi fiscali specifici e sono autorizzate a svolgere attività economiche in misura limitata, a condizione che tali attività siano strettamente collegate agli obiettivi statutari e non siano prevalenti.
4. Cooperativa Sociale
Le ONLUS che vogliono adottare un modello cooperativo e partecipativo possono trasformarsi in cooperative sociali. Queste entità sono adatte a fornire servizi socio-sanitari, educativi e di integrazione lavorativa per persone svantaggiate. Le cooperative sociali possono beneficiare di regimi fiscali vantaggiosi e sono soggette a normative specifiche che regolano la loro struttura e il loro funzionamento.
5. Fondazione
Le ONLUS con patrimonio stabile che vogliono garantire la continuità delle loro attività possono diventare fondazioni.
Le fondazioni operanti nel Terzo Settore possono focalizzarsi su attività di finanziamento, supporto a progetti di utilità sociale o gestione di beni culturali e ambientali.
Trattamento dell'IRAP
Un aspetto significativo da considerare nella transizione è il trattamento dell'Imposta Regionale sulle Attività Produttive (IRAP). Con la perdita della qualifica di ONLUS, le agevolazioni precedentemente applicate da molte regioni potrebbero cessare. Per gli ETS non commerciali, l'IRAP è calcolata con il cosiddetto metodo retributivo, basato sul costo del personale, il che può risultare svantaggioso per enti con numerosi dipendenti. Invece, le imprese sociali, essendo considerate entità commerciali, sono soggette al metodo ordinario di calcolo dell'IRAP, potenzialmente meno oneroso.
Regime iva: verso una riforma strutturale
La revisione della normativa incide anche sull’IVA.
Il riferimento alle ONLUS contenuto nell’articolo 10 del Dpr 633/1972 è stato sostituito con la dicitura “enti del Terzo settore di natura non commerciale”.
Di conseguenza, un’impresa sociale che opera nel settore socio-sanitario, pur perseguendo finalità pubbliche e solidaristiche, potrebbe non beneficiare più dell’esenzione IVA, applicando invece l’aliquota ordinaria del 22 per cento.
Questo cambio di prospettiva potrebbe creare diseguaglianze tra soggetti con finalità simili, soprattutto nel campo dei servizi alla persona. Per questo motivo, una delle ipotesi in discussione è quella di estendere l’aliquota agevolata del 5 per cento — oggi prevista solo per le cooperative sociali — anche alle imprese sociali che erogano prestazioni sanitarie o socio-assistenziali verso categorie svantaggiate.
Conclusioni: una trasformazione da gestire con competenza e consapevolezza
La transizione da ONLUS a Ente del Terzo Settore (ETS) — o, dove applicabile, a impresa sociale — rappresenta non solo un adempimento burocratico, ma anche un sostanziale cambiamento di paradigma sia a livello organizzativo che fiscale.
Sarà necessario analizzare con attenzione la struttura dell’ente, le attività svolte, la gestione economica e le ricadute fiscali, per compiere una scelta consapevole, coerente con la missione e sostenibile nel lungo periodo.
Nel frattempo, è auspicabile che il legislatore, insieme alle Regioni e agli Enti locali, garantisca coerenza normativa e continuità nei regimi agevolativi, evitando che la perdita della qualifica di ONLUS si traduca in un aumento ingiustificato della pressione fiscale per gli enti che continueranno a svolgere un’attività istituzionale.
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