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Diritto

Tra l’essere e il dover essere dell’Europa digitale: il destino di Sisifo

di Silvia Cremaschini

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Blast
nov 14, 2025
∙ A pagamento

Qualcosa di profondamente paradossale permea il cammino digitale dell’Unione Europea.
Da un lato, l’Europa del “dover essere”: quella delle grandi enunciazioni di principio, dei diritti fondamentali, della dignità digitale e della sovranità tecnologica, del “Mercato Unico Digitale”. L’Europa che, con la sua storia, almeno nelle enunciazioni vuole assurgere a modello, costituire alternativa al modello americano fondato sulla logica del mercato come regolatore e di quello cinese del controllo (prima dell’individuo) – volendo accedere a questa semplificazione.

È l’Europa che negli ultimi dieci anni ha costruito un corpus normativo imponente: dal GDPR al Data Governance Act, dal Data Act fino all’AI Act. Un quadro di norme scritte con l’ambizione di regolare un mercato che europeo non era e non è. Un fatto è certo: il corpus normativo, fondato sull’idea – tanto semplice, quanto rivoluzionaria – che la tecnologia debba servire la libertà, non sostituirla, ha fatto scuola nel mondo. Pur con i suoi evidenti limiti.

E poi c’è l’altra Europa, quella dell’“essere”: stanca, disorientata, a tratti contraddittoria. È l’Europa delle deroghe, dei rinvii a regole tecniche scritte da enti privati, delle procedure accelerate, dei ripensamenti continui.

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