Nel delicato e sempre attuale contenzioso in materia di residenza fiscale, la Corte di giustizia tributaria di primo grado di Benevento (sentenza n. 1051/2025) ha rigettato il ricorso di un contribuente che rivendicava la propria residenza nel Principato di Monaco per l’anno d’imposta 2017. Il cuore della vicenda non sta tanto nell’ordinaria dialettica tra formale iscrizione all’AIRE e radicamento effettivo nel territorio italiano, quanto piuttosto in un elemento solo apparentemente neutro: la coesistenza, nel medesimo anno, di un contratto di locazione monegasco e di un soggiorno prolungato in albergo. Un dato che, lungi dal rafforzare la narrazione dell’espatrio, ha finito per minarla dall’interno.
L’Agenzia delle Entrate aveva notificato un avviso di accertamento al contribuente, socio di più società italiane, ritenendolo ancora fiscalmente residente in Italia, nonostante l’iscrizione all’AIRE avvenuta nel maggio 2017. Due i rilievi principali: da un lato, la sussistenza di numerosi legami personali e patrimoniali in Italia; dall’altro, la riqualificazione di circa 400.000 euro ricevuti da società a lui riconducibili come utili non dichiarati, e non come meri finanziamenti infruttiferi.
Sul piano della residenza, l’Ufficio ha valorizzato una pluralità di elementi: la titolarità di immobili a uso abitativo in Italia, lo svolgimento di un’attività lavorativa subordinata per 199 giorni nel 2017, la ricezione di dividendi tassati come se il soggetto fosse fiscalmente residente e, soprattutto, l’ambivalenza della presenza nel Principato. Il contribuente, infatti, risultava aver affittato un immobile a Monaco, ma nello stesso periodo documentava un soggiorno continuativo presso un hotel monegasco, tra giugno e dicembre. A ciò si aggiungevano dichiarazioni rese nel corso del contraddittorio amministrativo in cui l’interessato affermava di non svolgere alcuna attività nel Principato, né di avere legami familiari o professionali nel territorio.
La Corte ha ritenuto puntuali e persuasive le argomentazioni dell’Agenzia, ribadendo che, in presenza di un trasferimento verso uno Stato a fiscalità privilegiata (quale è Monaco ai sensi del D.M. 4 maggio 1999), l’onere della prova dell’effettiva residenza estera ricade sul contribuente. Onere che, nella specie, non è stato ritenuto assolto.
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