Tempo o valore: cosa pagano i clienti dei professionisti?
di Mario Alberto Catarozzo
Un cliente entra allo studio: si siede a spiegare approssimativamente (a volte, confusamente) di cosa ha bisogno; non finisce neppure la sua introduzione che scatta subito la domanda: “Quanto mi viene a costare tutto questo?”. Ovviamente, ignora il lavoro che deve essere svolto, le competenze necessarie, l’impegno che dev’essere profuso. Di fatto, gli interessa poco di tutto questo, perché è concentrato solo su sé stesso, sul proprio portafoglio e sul risultato che deve realizzare, spesso frutto più di un obbligo di legge, che non di una volontà spontanea.
In questo scenario si inserisce la risposta del professionista, che spiega – questa volta dal proprio punto di vista – le difficoltà che l’attività presenta, il tempo necessario per realizzarla e poco più. Sono come due radio che trasmettono su frequenze d’onda diverse: ciascuno guarda le cose dal proprio punto di vista. Peccato che è il cliente che deve pagare le attività e può farlo solo apprezzandone il valore, oppure ignorandolo. Come potete immaginare, il risultato sarà molto diverso. Se apprezza il valore della prestazione, pagherà con maggior convinzione, sarà soddisfatto e attiverà il passaparola con terze persone. Nel secondo caso, invece, percepirà solo il costo e pagare sarà un sacrificio.
Fermiamoci allora a porci qualche domanda: quale punto di vista conta in questo rapporto? Cosa percepisce il cliente? Che interesse ha il cliente? Le risposte sono, tutto sommato, semplici; peccato che quasi tutti poi nella pratica le ignorino. Il punto di vista che conta è quello di chi paga: il cliente. La sua percezione iniziale è di dovere sostenere un costo, a meno che non siamo bravi noi a far percepire il valore che riceve dalla prestazione. L’interesse che egli vuole soddisfare non è quello di avere la busta paga in quanto tale o il bilancio aziendale, bensì quello di poter avere il tempo per dedicarsi ad altro, poter dormire sonni tranquilli, ecc.
Quanto tempo il professionista impiegherà per fare quella prestazione gli interessa poco e niente, perché non paga il tempo del professionista, ma il vantaggio che ne ricava.
Per questa ragione oggi sta emergendo un approccio diverso, focalizzato sul valorizzare i vantaggi apportati con la consulenza, più che sul tempo impiegato per farla. Immagina di essere un avvocato tributarista che con una soluzione strategica fa risparmiare 100.000 euro di imposte a un'azienda. Nella vecchia mentalità si fatturerebbero principalmente le ore dedicate. In quella nuova il compenso deve diventare una percentuale di quel risparmio: il cliente pagherà volentieri 20.000 euro per un servizio che ne vale 100.000. E il professionista finalmente viene pagato per quello che sa fare, non per quanto tempo ci ha messo.
I clienti, lo ripetiamo, non comprano tempo, comprano soluzioni, crescita, sicurezza, risultati.
Valorizzare vuol dire saper comunicare dal punto di vista del cliente
Quando un professionista senior risolve un problema complesso in poche ore, quella velocità non arriva dal nulla, è il frutto di anni di studio, errori, successi, aggiornamenti continui.
Quel notaio che struttura un'operazione societaria in mezza giornata, non sta vendendo quattro ore: sta mettendo sul piatto vent'anni di esperienza e quella competenza ha un prezzo che va ben oltre il tempo dell'orologio. Formazione, convegni, master, aggiornamenti normativi: sono investimenti che facciamo per offrire un servizio sempre migliore. Se non vengono comunicati al cliente, quest’ultimo non lo saprà mai e non lo considererà. Quando sottolineo “dal punto di vista del cliente”, vuol dire che non è efficace specificare la fatica che abbiamo fatto per formarci, i soldi che abbiamo speso, le rinunce che ciò ha comportato, perché tutto questo al cliente non interessa. Al cliente interessa solo di sé. Pertanto, impariamo a cambiare punto percettivo e a trasformare le ore di studio e gli anni di esperienza in beneficio per il cliente e valore che si porta a casa.
Cosa accadrà con l’Intelligenza Artificiale
Sappiamo che ricerche giuridiche, atti standard, analisi documentale, produzione di bozze e moltissimo altro potrà essere automatizzato o, quantomeno, velocizzato con l’IA. A maggior ragione, se fatturassimo ad orario, saremmo spacciati. Dove si sposta, quindi, il valore del professionista? Verso quello che nessuna macchina può replicare: creatività strategica, intuizione, gestione delle relazioni complesse, soluzioni innovative per problemi mai visti prima. Le multinazionali più evolute l'hanno già capito: preferiscono accordi a risultato piuttosto che parcelle a ore. Il mercato si sta muovendo, i professionisti devono fare altrettanto. La sfida più grande non è tecnica. È comunicativa. Come spieghi ad un cliente che il prezzo non dipende dalle ore ma dal risultato? Semplice: cambi la prospettiva: invece di partire dai costi, cominci dai benefici. Prima di parlare di compensi, aiuti il cliente a quantificare il valore del problema da risolvere.
Questo approccio rappresenta una rivoluzione culturale che ridefinisce il ruolo del professionista: creatore di valore per i clienti. Richiede coraggio, competenze e capacità di comunicazione: significa dire “no” ai clienti che non riconoscono il valore delle proprie competenze. E, per molti, dire “no” è sempre difficile.