Tassazione separata e incoerenze normative nella liquidazione: un coordinamento mancato tra articolo 17 e nuovo articolo 182 Tuir
di Luciano Sorgato
Nel delicato intreccio normativo che regola la fiscalità delle imprese in liquidazione, un nodo interpretativo merita oggi particolare attenzione: la coesistenza, non priva di attriti, tra l’articolo 17 del Tuir e la nuova formulazione dell’articolo 182, comma 2, lett. b), dello stesso Tuir, come riformato.
La questione si colloca in un ambito ben noto a chi frequenta la fiscalità delle imprese individuali e delle società di persone: la possibilità di beneficiare della tassazione separata dei redditi prodotti in occasione della liquidazione. L’articolo 17 del Tuir, nelle lettere g) ed l), ha da sempre previsto tale possibilità in presenza di un esercizio dell’attività per un periodo superiore al quinquennio, delineando un regime che, pur eccezionale, si presenta come naturale, salvo opzione espressa per la tassazione ordinaria.
Il novellato articolo 182, comma 2, lett. b) del Tuir introduce però una formulazione che, lungi dal coordinarsi con l’impianto dell’articolo 17, sembra muoversi lungo binari diversi. Esso prevede che la tassazione separata possa applicarsi, su opzione, solo se la procedura liquidatoria si conclude entro tre esercizi, compreso quello di avvio. Tale previsione, peraltro, implica un accertamento ex post del presupposto temporale, e dunque, inevitabilmente, uno slittamento in avanti della scelta fiscale da parte del contribuente.
Il disallineamento tra le due disposizioni normative è evidente. L’articolo 17 continua a delineare un regime impositivo che si applica automaticamente in presenza di determinate condizioni temporali, antecedenti all’inizio della liquidazione, e che può essere superato solo tramite esplicita rinuncia. L’articolo 182, al contrario, costruisce un impianto diametralmente opposto: la regola è la tassazione ordinaria, e l’accesso al regime agevolato avviene solo a seguito di opzione, subordinata per di più a una condizione (la chiusura della liquidazione entro tre esercizi) il cui avveramento può essere certificato solo a posteriori.
Se in passato la coesistenza dei due regimi non generava frizioni significative, anche grazie alla natura provvisoria del calcolo impositivo nei periodi intermedi, il nuovo assetto rende problematico il raccordo tra le norme. L’articolo 182 post riforma rovescia la sequenza logica: il regime ordinario si applica sin da subito, e solo se, e quando, la liquidazione si chiude nei termini triennali, il contribuente può esercitare l’opzione per la tassazione separata, rideterminando le imposte già liquidate.
Si pongono allora interrogativi concreti: nel caso in cui un socio riceva, a titolo di reddito da partecipazione, una somma derivante dalla liquidazione di una società operante da oltre cinque anni, quale regime fiscale si applica? Si deve sin da subito applicare la tassazione separata ex articolo 17, oppure si deve attendere la verifica triennale prevista dall’articolo 182, optando eventualmente per il regime agevolato solo a consuntivo?
Le soluzioni astrattamente prospettabili sono due:
applicazione immediata della tassazione separata in presenza del presupposto quinquennale previsto dall’articolo 17, con eventuale conguaglio a tassazione ordinaria qualora la liquidazione si protragga oltre i tre esercizi;
applicazione iniziale del regime ordinario, in attesa della chiusura della liquidazione entro il triennio, e successiva opzione per la tassazione separata in presenza delle condizioni richieste.
La prima soluzione conserva coerenza con l’impianto originario dell’articolo 17 Tuir, salvaguardando il principio secondo cui la tassazione separata è la regola, e la tassazione ordinaria è l’eccezione. La durata della liquidazione agirebbe così da condizione risolutiva, e non costitutiva, del beneficio fiscale. Viceversa, la seconda opzione introduce un appesantimento procedurale che, oltre a sovvertire la logica del Tuir, risulta anche penalizzante: il contribuente sconta inizialmente un’imposizione più gravosa, confidando in un futuro (e incerto) rimborso in caso di opzione per la separazione.
Si ha dunque l’impressione che il legislatore, nella riscrittura dell’articolo 182, non abbia adeguatamente considerato l’impianto del più volte citato articolo 17. L’effetto è una sovrapposizione normativa che genera incertezze applicative.