Tassazione delle plusvalenze da cessione di quota di studio professionale associato: occorre fare chiarezza
di Mauro Ciomei
Il trattamento fiscale delle cessioni di quote di studio professionale associato presenta problematiche irrisolte, anche in considerazione che l’interpretazione che spesso ne viene data lascia spazio a molti dubbi e ad altrettante critiche.
E’ sicuramente necessario fare chiarezza in merito all’inquadramento fiscale delle predette cessioni quando il contribuente non opta o non può optare per la tassazione separata, a seguito delle modifiche normative introdotte in materia di reddito di lavoro autonomo dal DLgs. n. 192/2024.
L’interpretazione più volte acriticamente ripetuta, trae origine dall’estensione del concetto di “onnicomprensività” alla cessione di quote di studio associato, che di conseguenza viene inquadrata nell'ambito del reddito professionale: tale interpretazione, tuttavia, sembra in contrasto con la lettera dalla legge.
L'eliminazione dell'esclusione delle cessioni di quote di studio associato dall'articolo 67 Tuir, non può che significare che tali cessioni (a differenza del passato) sono soggette proprio all'applicazione del predetto articolo 67, con la conseguenza che devono necessariamente essere inquadrate fra i redditi diversi. Da ciò deriverebbe che la plusvalenza derivante dalla vendita di una quota di studio associato andrebbe assoggettata alla tassazione del 26 per cento, anche perché, in caso contrario, si creerebbe un’ingiusta disparità fra chi esercita l’attività professionale tramite studio associato e chi la svolge tramite STP soggetta al reddito d’impresa, le cui cessioni di quote (in quest’ultimo caso) vengono tassate al 26 per cento della plusvalenza. Occorre considerare inoltre che il nuovo articolo 177 bis Tuir prevede la neutralità fiscale delle operazioni straordinarie relative alle attività professionali: con il conferimento dello studio associato in STP (fiscalmente neutro) e successiva vendita delle quote si ricadrebbe sempre nella tassazione del 26 per cento.
Neppure si comprende perché il criterio di onnicomprensività debba includere anche la cessione delle quote di uno studio che attengono invece alla sfera personale dell’associato, similmente a quanto avviene per le società. Anche nell’ambito del reddito d’impresa di fatto esiste un concetto di onnicomprensività del reddito, ma è pacifico che la cessione delle quote di una società da parte di un socio persona fisica non può essere attratto nel reddito d’impresa. Neppure si può sostenere che la cessione di quota di studio associato debba necessariamente essere equiparata alla cessione della clientela, perché, sempre facendo riferimento al reddito d’impresa, è ben chiara da tempo la differenza fra cessione d’azienda e cessione di quote sociali da parte del socio. Il riferimento al reddito d’impresa non è casuale, perché la stessa relazione illustrativa al decreto in discorso recita testualmente: “Pertanto, con le nuove disposizioni la disciplina sulla tassazione dei redditi di lavoro autonomo diviene maggiormente articolata nella prospettiva di prevedere, laddove compatibile sul piano tecnico e con le esigenze di sostenibilità finanziaria, un complesso normativo che mutui i criteri applicati in seno alla disciplina dei redditi d’impresa”
E’ quindi evidente che l’obiettivo è quello di avvicinare il reddito di lavoro autonomo a concetti già insiti nel reddito d’impresa.
In realtà è da ritenersi che sia stata proprio la relazione accompagnatoria a generare un malinteso in merito al fatto che la cessione della quota di uno studio associato debba essere ricompresa nell’ambito del reddito professionale: questo a seguito del periodo nel quale viene stabilito che la tassazione separata non si applica alla cessione di quote di STP che producono reddito d’impresa, restando queste soggette alla disciplina dell’articolo 67 del Tuir. Da questa affermazione si è erroneamente dedotto che le cessioni di quote di associazioni professionali fossero escluse dall’applicazione dell’articolo 67, ma, in realtà, quanto affermato nella relazione può semplicemente voler dire che le cessioni di STP restano assoggettate solo all’articolo 67 Tuir con l’esclusione della possibilità di tassazione separata.
Da ultimo è necessario evidenziare le notevoli problematiche che deriverebbero dal voler includere nel reddito professionale la cessione di quote di studio associato. Il socio persona fisica in quale quadro della dichiarazione dei redditi dovrebbe dichiarare tale reddito? Dovrebbe compilare un quadro di reddito di lavoro autonomo pur non avendo una posizione professionale autonoma? Dovrebbe compilare gli ISA? Qualche interpretazione ha anche asserito che il reddito andrebbe inserito nel quadro H di partecipazione allo studio associato, ma considerando che la tassazione avviene per cassa e può riguardare anche più anni, lo studio associato potrebbe non esistere più nel momento in cui il contribuente dovesse dichiarare il reddito. Inoltre il contribuente potrebbe non essere più socio di tale studio associato (avendo venduto le quote) nell’anno in cui dovrebbe dichiarare il reddito.
Ovviamente tutte queste problematiche non si presenterebbero nel momento in cui la cessione di quota di studio professionale associato venisse correttamente inquadrata fra i redditi diversi di cui all’articolo 67 Tuir, che appare quindi come l’interpretazione più corretta della norma in esame.