Dopo l’ok della Camera del 12 novembre 2024, nei giorni scorsi il Senato ha approvato in via definitiva il disegno di legge n. 1168-A, emblematicamente noto come “Taglia Leggi”. Il testo, composto da due articoli e dodici allegati, prevede – infatti – l’abrogazione di un altissimo numero di norme finora vigenti, ma ormai prive di efficacia perché risalenti al periodo 1861-1946.
Regole che appartengono a un’epoca che non c’è più, quella pre-repubblicana, ma che hanno ampiamente contribuito – fino a poche settimane fa – a comporre quell’enorme mosaico di norme, articoli e commi che rende il nostro sistema giuridico tra i più complessi e farraginosi del continente.
Sotto la scure del “Taglia Leggi” sono passati più di 30mila (!) provvedimenti tra regi decreti, regi decreti-legge, decreti luogotenenziali e decreti del Duce del Fascismo, testi i cui soli titoli riportano a un passato lontano e che invitano a chiedersi perché un tale provvedimento sia stato approvato soltanto nel 2025.
Quasi come a dire che si è disboscata una foresta, ma l’Amazzonia delle leggi italiane è più viva e vegeta che mai. Un territorio semi-inesplorato, in cui ogni passo deve essere ben ponderato, per non perdersi nei meandri di clausole, commi e allegati. Non c’è certezza sul reale numero delle leggi e degli atti con forza di legge oggi in vigore, sebbene la banca dati ufficiale Normattiva abbia intrapreso da tempo un lavoro di minuziosa raccolta. Occorrerebbe cliccare su ogni singolo atto presente in quest’ultima, per rendersi conto dell’eventuale vigenza. Ma è un percorso fin troppo avventuroso per essere realmente percorribile.
Il 12 dicembre 2022, in un’intervista al Corriere della Sera, il Ministro della Giustizia Nordio ha affermato che le leggi via via emanate nel tempo – atti regionali compresi – sarebbero pari a circa 250mila (compresi i testi non più in vigore), ossia un numero pre-Taglia Leggi 2025 ben maggiore delle circa 10mila che, nel 2016, aveva stimato il Ministero per la PA. A ben vedere, decenni di stratificazioni normative, modifiche parziali e mancanza di una sistematica attività di abrogazione sono fattori chiave per spiegare le difficoltà di conteggio.
Se trovare il bandolo della matassa pare un’erculea fatica, ben si intuisce perché il massiccio intervento del “Taglia Leggi” sia stato preceduto da una prudente ricognizione analitica, menzionata dalla relazione illustrativa. Una ricognizione svolta con un certosino lavoro di suddivisione dei testi in tre diverse categorie: atti con effetti esauriti (oggetto della legge), atti abrogabili per consolidamento – ma con residui contenuti normativi o valore storico – e atti di difficile abrogazione, per i quali sussiste una residua efficacia giuridica.
Ebbene, la legge approvata a Palazzo Madama si applica meramente alla prima categoria, cioè abroga gli atti che non producono più effetti giuridici concreti o la cui abrogazione non crea vuoti normativi, incertezza interpretativa o effetti imprevisti su norme collegate o prassi amministrative consolidate. In breve, sono abolite le leggi che si riferivano a eventi ormai conclusi o a periodi di tempo trascorsi. Si pensi, ad esempio, ai regi decreti che istituivano enti oggi scomparsi oppure agli atti disciplinanti imposte locali non più vigenti.
Senza minare la coerenza del sistema legale nel suo complesso, la “potatura selettiva” delle leggi non più operative è un passo necessario verso la chiarezza e la certezza del diritto, facilitando il lavoro quotidiano di chi, per lavoro, è chiamato a interpretare e applicare le norme. Ma è davvero abbastanza? Ci sono rischi di “effetti collaterali”? Ebbene, si stima che con il “Taglia Leggi” la normativa vigente cali di circa il 28 per cento, ma è pur vero che il lavoro di delegificazione e semplificazione espone comunque al rischio – più o meno latente – di cancellare provvedimenti che finora hanno mantenuto una loro efficacia (e non soltanto la vigenza). Senza dimenticare che alcune norme sono state modificate solo in parte, rendendo difficile capire quali articoli siano ancora attivi e quali no, senza uno studio specifico caso per caso.
A ben vedere, semplificare il sistema normativo con l’azione di pulizia “formale” – l’eliminazione di norme obsolete e non più applicate – non incide in modo sostanziale sulla complessità attuale del sistema normativo, che rimane alta per vari motivi.
Non basta abrogare le norme antiche, perché le norme abrogate erano già prive di efficacia – cioè non erano non più applicate o applicabili – ma anche perché il problema maggiore risiede nelle norme in vigore, spesso sovrapposte, contraddittorie, o poco chiare. Si pensi alla proliferazione di leggi speciali, decreti, regolamenti che affolla il sistema normativo e crea confusione negli operatori del diritto.
Il giurista Mauro Volpi, professore di diritto costituzionale all’Università di Perugia, ha affermato che “per semplificare il nostro sistema normativo bisognerebbe innanzitutto evitare di approvare nuove norme che si aggiungono a quelle già esistenti su una stessa materia, complicandone così l’applicazione”. In effetti il suggerimento è da accogliere con favore e potrebbe guidare un’opera impegnativa, ma lodevole e assai opportuna, di codificazione organica e riordino settoriale.
Ci riferiamo alla possibilità di creare testi unici aggiornati e realmente comprensivi in settori chiave (lavoro, ambiente, ecc.), secondo la logica del riordino delle norme per materia, evitando rinvii a leggi sparse.
Al contempo, la valutazione delle leggi in vigore attraverso una sorta di “revisione normativa”, con indicatori di efficacia, potrebbe sollecitare l’abrogazione o modifica di leggi inutili, dannose o inapplicate (oltre a quelle antiche).
Non solo. Una regola aurea, ma invero non così seguita, potrebbe essere sintetizzata con “legiferare meno, ma meglio”, ossia migliorando la qualità tecnica delle nuove leggi, usando linguaggio chiaro, strutture logiche, articoli ben numerati. Come in un circolo virtuoso, ne beneficerebbe altresì il coordinamento tra livelli normativi e – quindi – la razionalizzazione del rapporto tra leggi statali, regionali e regolamenti comunali.
L’approvazione del “Taglia Leggi” è quindi un passo utile, ma assomiglia più a una spolverata che a una vera pulizia, perché il legislatore “pigro” continua a rimandare una riforma organica per paura di mettere mano al caos che lui stesso ha creato. Serve coraggio, non comode scorciatoie.