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Fisco

Sull’ammissibilità della rinuncia abdicativa di un immobile non ci sono più dubbi

di Simone Mascelloni

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Blast
set 10, 2025
∙ A pagamento
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Con la sentenza n. 23093/2025, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione intervengono in modo risolutivo per mettere ordine a un dibattito giurisprudenziale e dottrinale che da anni divideva giuristi, notai e operatori del settore: quello riguardante la cosiddetta rinuncia abdicativa alla proprietà immobiliare.

In estrema sintesi, la Suprema Corte ha riconosciuto l’ammissibilità di tale rinuncia come atto lecito e unilaterale, privo della necessità di una giustificazione ulteriore o di una condizione di meritevolezza. Si tratta di un passaggio dirompente, perché stabilisce che il cittadino può liberamente decidere di dismettere un bene immobile, senza che occorra dimostrare la presenza di un interesse superiore o collettivo.

La conseguenza è chiara: l’effetto automatico dell’acquisizione del bene da parte dello stato, unito all’esclusione di qualsiasi sindacato sulle motivazioni del proprietario e alla puntuale gestione delle conseguenze giuridiche, rende finalmente l’istituto pienamente collocabile all’interno del nostro ordinamento. Per la prima volta, quindi, si ha una cornice giuridica certa per una pratica che, seppur discussa, mancava di un riconoscimento ufficiale e coerente.

Il caso oggetto della pronuncia riguardava un atto notarile di rinuncia alla proprietà di alcuni fondi situati in un comune abruzzese. Si trattava di terreni inservibili e privi di reale valore economico, poiché ricadenti in aree classificate a elevata pericolosità dal piano di assetto idrogeologico regionale. La scelta di rinunciare alla titolarità, dunque, non era motivata da una prospettiva di lucro o di vantaggio patrimoniale, ma da un’evidente volontà di sottrarsi agli oneri derivanti dal mantenimento di beni sostanzialmente inutilizzabili.

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