L’atto di indirizzo del viceministro dell’Economia e delle finanze in data 1 luglio 2025 tenta di fornire soluzioni alla problematica individuazione delle nozioni di crediti d’imposta inesistenti e di crediti d’imposta non spettanti; l’autorevole intervento è da salutare con favore, ma difficilmente potrà risultare risolutivo delle incertezze interpretative con cui fanno i conti contribuenti, operatori, collegi giudicanti. Stimola tuttavia a considerazioni di più ampia portata.
Esso è in primo luogo da apprezzare perché esprime la volontà “politica” dei vertici del Ministero dell’Economia di riappropriarsi, sulle questioni più delicate, di quella funzione di indirizzo interpretativo per troppo tempo affidata esclusivamente alle agenzie fiscali.
In secondo luogo, è apprezzabile il metodo: effettuata una ricognizione normativa, la “supercircolare” tenta di esemplificare creando uno spartiacque certo tra le due nozioni, foriere di conseguenze assai diverse. La linea di demarcazione ha una sua logica e un suo valore persuasivo, ma difficilmente potrà reggere alla prova dei fatti; la giurisprudenza, probabilmente, sia in sede tributaria, sia in sede penale, terrà fede alle proprie soluzioni - sebbene non del tutto consolidate, anche perché a interventi nomofilattici delle sezioni unite ha fatto seguito la revisione della normativa con il D.Lgs. n. 87/2024 -, mentre è sperabile che, come del resto prevede lo Statuto del contribuente, l’Agenzia delle entrate adotti lo stesso parametro suggerito dall’atto di indirizzo.
Parametro che individua i crediti d’imposta inesistenti in quelli caratterizzati da comportamenti fraudolenti (documenti affetti da falsità ideologica o materiale, simulati) ovvero per i quali si riscontri la carenza di elementi costitutivi; questi ultimi, precisa l’atto di indirizzo molto opportunamente, sono soltanto quelli relativi a requisiti oggettivi, soggettivi o comunque essenziali, previsti in modo specifico da disposizioni di legge o da atti di normazione secondaria.
La carenza, nella fattispecie, di elementi diversi, richiesti da documenti di prassi, studi tecnici o comunque da atti di carattere ed efficacia non normativi, rende invece il credito non spettante; abbastanza chiaro che l’attenzione dell’autore fosse rivolta in particolare ai crediti ricerca e sviluppo, rispetto ai quali, come è ben noto a coloro che hanno dovuto seguire il tema, ha assunto un’importanza determinante il Manuale di Frascati predisposto dall’OCSE.
Senonché, la relatività del parametro di giudizio e la difficoltà di applicarlo emerge subito, se si pensa che dal 2021 il Manuale di Frascati è sì contemplato da un atto normativo, ma in modo generico, nel senso che si richiede che le linee guida sull’agevolazione “tengano conto” anche di quanto elaborato nel Manuale. Resta a mio avviso ancora oscuro, quindi, se la difformità dal Manuale sia o meno ragione di “inesistenza” o di “non spettanza” del credito.



