L’introduzione della definizione di “Startup Innovativa” nell’ordinamento giuridico italiano risale al 2012, con il DL 179 (noto come Decreto Crescita 2.0). L’obiettivo del legislatore era creare un quadro favorevole allo sviluppo di nuove imprese ad alto valore tecnologico attraverso un ecosistema di deroghe al diritto societario e incentivi mirati.
A oltre dodici anni dall’avvio di quella strategia, è possibile ora tracciare un bilancio basato sulle evidenze statistiche più recenti (MIMIT, InfoCamere, Report Venture Capital 2024) e analizzare l’evoluzione della normativa fiscale. Tre sono i pilastri fondamentali che caratterizzano la disciplina delle startup innovative: accesso al credito, fiscalità agevolata e incentivi all’equity.
L’accesso al credito e la garanzia pubblica
L’estensione dell’intervento del Fondo di Garanzia ha prodotto dati rilevanti sulla “bancabilità” delle startup. Dal 2013, circa 4.609 startup hanno beneficiato di prestiti coperti da garanzia pubblica. I dati consolidati (riferimento MISE al 2018) mostrano una bassa frequenza di insolvenze: su oltre 4.200 operazioni e circa 965 milioni di euro di prestiti erogati, la garanzia è stata attivata in soli 205 casi (circa 52 milioni di euro). Le richieste formali di attivazione per insolvenza grave sono state marginali, evidenziando un tasso di restituzione del debito in linea o superiore ad altri segmenti PMI.
L’evoluzione degli incentivi fiscali
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