Spilli tributari - Un maso è per sempre… ma non per l’Agenzia delle Entrate
di Marco Cramarossa
C’è chi, in montagna, trova l’amore tra i prati e chi invece trova l’Agenzia delle Entrate nascosta dietro una baita col taccuino in una mano e con uno sguardo truce e indagatore.
È il caso dell’Istante della risposta a interpello n. 262/2025. Un contribuente che aveva fatto tutto come da manuale del perfetto agricoltore: acquisto di un maso chiuso, impegno quinquennale a coltivare i terreni, come previsto dall’articolo 9, comma 2, DPR 601/1973, e pure la “legge montana” invocata con grazia notarile. Poi però, nel gelo delle altitudini fiscali, l’imprevisto. La tenerezza di concedere in comodato gratuito un appartamento del suo maso chiuso alla propria partner, la signora Z. Romantico, penserete. E invece no. Per l’Amministrazione finanziaria, l’amore non è un’esimente tributaria, quanto piuttosto una causa di decadenza agevolativa. Così ci sono storie d’amore che nascono tra le montagne e finiscono… tra le pertinenze.
Il povero contribuente, che si era impegnato a coltivare i terreni “direttamente”, voleva solo evitare che la compagna dormisse in tenda. Ma la risposta dell’Agenzia è lapidaria, perché la concessione “a terzi” fa venir meno la “destinazione concreta ed effettiva della pertinenza a servizio del fondo”. Tradotto: se nel maso non si ara, non si semina e non si concima, l’agevolazione muore. E così la legge montana diventa una legge fredda, rarefatta e priva d’ossigeno umano. Perché, sempre secondo l’Amministrazione, la pertinenzialità non tollera distrazioni sentimentali.
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