SPILLI TRIBUTARI - La Repubblica dei Fantastici 4: quando il potere invisibile diventa protagonista
di Piero Sanna Randaccio
Nell’universo complesso e febbrile della Repubblica Italiana, dove le norme nascono come stelle e muoiono come meteore, esiste una squadra di eroi che da decenni tiene insieme — non senza frizioni — l’architettura dello Stato.
Nel Palazzo, tra le Commissioni Finanze e gli emendamenti notturni, il Potere Legislativo si allunga, si piega, si torce come Mr. Fantastic per adattarsi alle pressioni politiche, alle emergenze di bilancio, alle urgenze di consenso.
Disegna leggi che dovrebbero essere bussola, ma spesso finiscono per essere labirinto. Ogni nuovo articolo è un tentativo di ordine che genera caos, un filo che intrecciato con mille altri si trasforma in nodo. E così, in quella confusione vischiosa, nasce lo spazio per chi “interpreta” — o, più spesso, decide cosa la legge voglia dire.
Il Potere Esecutivo, la Torcia Umana, arde di foga decisionale.
Accende decreti, promulga riforme, promette semplificazioni che raramente sopravvivono all’impatto con la realtà.
Il suo fuoco è il calore della manovra economica, la spinta che tiene viva la macchina dello Stato. Ma il calore, si sa, genera anche fumo.
E nel fumo delle deleghe e dei decreti attuativi, la luce della norma si offusca, lasciando il campo a chi, con gesto felpato e tono tecnico, pretende di interpretare per tutti.
Poi c’è il Potere Giudiziario della Magistratura, “La Cosa”, granitica e inflessibile. Nei tribunali tributari, i giudici brandiscono la legge come scudo contro l’arbitrio, ma non sempre la loro forza basta.
La montagna della giurisprudenza cresce, ma il terreno sotto si muove — e spesso, prima ancora che una sentenza possa consolidarsi, arriva una nuova circolare, un interpello, una “prassi” che ribalta la prospettiva.
Così la roccia del diritto si sgretola, e la certezza cede il passo alla flessibilità interpretativa.
Ed allora chi pratica il diritto tributario sa che, accanto a questi colossi, si aggira un quarto potere, più evanescente e più temibile. È il potere interpretativo, incarnato dall’Agenzia delle Entrate, la Donna Invisibile, silenziosa, onnipresente, capace di attraversare pareti normative e comparire ovunque, anche dove la Costituzione non l’ha chiamata. Non la si vede scrivere leggi, ma le sue circolari riscrivono il codice; non giudica, ma le sue risoluzioni decidono il destino dei contribuenti.
Attraversa la materia fiscale come un fantasma normativo, insinuandosi tra le pieghe della legge per darle – dice – senso. In realtà, spesso la piega, la plasma, la reinventa in nome del gettito……non per niente si chiama “delle Entrate”!!
Dietro la cortina di un linguaggio tecnico impeccabile, nasconde un potere profondo: quello di stabilire non ciò che è scritto, ma ciò che si deve intendere.
È la regina dell’interpretazione autentica, ma senza investitura democratica.
È la Donna Invisibile perché non la si vede arrivare: un giorno un interpello chiarisce, il successivo restringe, il terzo annulla.
E intanto la prassi, come nebbia fitta, si adagia sulla norma fino a renderla irriconoscibile.
La sua forza è anche la sua ombra: l’illusione di certezza che offre al professionista, costretto a seguirla come un faro che guida...ma acceca.
E in quella luce abbagliante si perde il principio di legalità, sostituito dalla nuova religione dell’“orientamento ufficiale”.
In teoria, i quattro poteri dovrebbero agire come una squadra di eroi: il Parlamento crea, il Governo attua, la Magistratura giudica e l’Agenzia interpreta. Ma la realtà è meno epica: la Donna Invisibile, da potere di servizio, è diventata potere di sostanza.
Un potere senza contrappesi, perché invisibile non significa neutro: significa intoccabile.
E così, nella Repubblica dei Fantastici 4, il vero protagonista è quello che non si vede. Il legislatore inventa la norma, ma è l’Agenzia a raccontarne la trama; il giudice tenta di rimettere ordine, ma spesso deve partire dal “commento” ministeriale; il contribuente, infine, si ritrova spettatore, in un film dove il finale è già stato scritto — non dal Parlamento, ma da una Direzione centrale.
L’equilibrio dei poteri è come un composto chimico instabile: basta una goccia in più, e la reazione diventa esplosiva.
Non legifera, ma indirizza.
Non giudica, ma condiziona.
Non comanda, ma determina le scelte di chi, per evitare il rischio dell’accertamento, preferisce adeguarsi.
L’Agenzia ha trasformato la certezza del diritto in certezza del parere.
Il principio di legalità — cardine dell’imposizione tributaria — si piega così al principio di opportunità amministrativa, in una torsione logica che sfida la gerarchia delle fonti.
Il contribuente non si confronta più con la legge, ma con la sua interpretazione, e il professionista non interpreta più la norma: interpreta la circolare.
Il giorno in cui tornerà a essere davvero invisibile — discreta, ausiliaria, secondaria — sarà il giorno in cui la Repubblica dei Fantastici 4 potrà davvero dirsi in equilibrio. Fino ad allora, resteremo in una galassia dove la trasparenza è il vero superpotere che ci manca.
Post scriptum: Il principio di legalità, sancito dagli articoli 23 e 97 della Costituzione, non è solo una formula da manuale: è l’ultimo baluardo contro il potere invisibile. Difenderlo oggi, nel mare in tempesta del diritto tributario, è il compito più urgente della nostra professione.


