Spilli tributari - La prassi del gambero: l’Agenzia innova, si spaventa e torna indietro
di Marco Cramarossa
Quando si dice “avere le idee chiare”: con la risposta n. 199/2025 l’Agenzia delle Entrate ha appena dimostrato che la chiarezza, in fondo, è un optional. A marzo, con la risposta n. 81/2025, aveva lanciato un’interpretazione che, piaccia o meno, faceva intravedere un mondo nuovo: tassazione pro rata dei bonus maturati all’estero, esclusione delle quote non italiane, fine della bulimia impositiva sul “tutto e subito”. Bastava il luogo della prestazione per decidere dove tassare. Sembrava davvero una epifania innovatrice.
Ma il “sogno” è durato meno di un battito di ciglia: dopo tre mesi, eccoci al contrordine compagni. Tutto cancellato. Si torna principio della worldwide taxation (articolo 3 TUIR) e al dogma dell’onnicomprensività del reddito da lavoro dipendente (articolo 51 TUIR). Tradotto: se sei residente in Italia al momento dell’erogazione, paghi qui, anche se il bonus te lo sei sudato a Londra, a Singapore o in Groenlandia, e persino se ti hanno già tosato all’estero; mentre i non residenti sono soggetti a imposizione sui soli redditi che si considerano prodotti in Italia ai sensi dell'articolo 23 del medesimo TUIR.
Insomma, un dietrofront così elegante da meritare un premio olimpico nella specialità della marcia all’indietro. Anzi, più che un passo indietro, un triplo salto carpiato con avvitamento fiscale: avanti con l’innovazione, indietro con la prassi e, infine, atterraggio in sicurezza sul vecchio tappeto dell’imponibilità universale.
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