SPILLI EREDITARI - Successione 4.0: testamento, donazioni e l’arte di morire in regola …anche col Fisco!!
di Piero Sanna Randaccio
Scrivere un testamento non è un gesto macabro, ma un atto di suprema lucidità gestionale per evitare la roulette della successione legittima. Chi non lo fa, lascia agli eredi un puzzle degno di “Squid Game”: immobili indivisi, partecipazioni sociali diversificate e frammentate, conti correnti da sbloccare e fratelli pronti a contendersi anche il Bimby del defunto.
Ma pianificare non significa solo ottimizzare la fiscalità, distribuendo i beni secondo le franchigie più convenienti, ma distribuire qualitativamente la ricchezza patrimoniale in cui spesso troviamo immobili, quote societarie o aziende di famiglia, titoli e talvolta collezioni d’arte.
Una modalità di pianificazione in vita è senz’altro l’istituto della donazione quale “testamento anticipato”; la donazione è infatti il passo logico prima del testamento, un modo per sistemare le cose da vivi, quando si ha ancora la forza di firmare e – soprattutto – di controllare. Giuridicamente, si tratta di un trasferimento immediato di beni, ma fiscalmente è quasi una prova generale della successione e di tenuta della pace familiare.
La donazione presenta stesse aliquote, stesse franchigie, ma con qualche vantaggio pratico: si evita la comunione ereditaria, si mantiene la regia della distribuzione e si utilizza la prima “tranche” della franchigia di un milione di euro per gli eredi necessari, mentre la seconda “tranche” da un milione può essere utilizzata in sede successoria.
L’esempio pratico si presenta quando il padre dona la casa al figlio che ci vive e lascia la liquidità al figlio che lavora all’estero, così evita futuri conflitti (“io la casa, tu i soldi”) e abbatte le liti in assemblea familiare del 90 per cento.
Ma la grande novità è che i beni donati diventeranno liberamente trasferibili! Per anni, il grande incubo dei notai e dei compratori è stato il “bene donato”, difficile da vendere, perché soggetto a possibili azioni di riduzione da parte degli eredi legittimari. In pratica, un immobile ricevuto in donazione diventava quasi radioattivo, le banche non concedevano mutui, gli acquirenti scappavano e il mercato lo considerava “tossico”.
Con il DDL Semplificazioni 2025, arriva finalmente una svolta e i beni oggetto di donazione diventano liberamente trasferibili, senza bisogno di garanzie, fideiussioni o assicurazioni postume. Tradotto, si può vendere una casa donata senza temere che, 10 anni dopo, spunti un fratello offeso a chiedere la sua “quota lesa”. Un passo verso la civiltà giuridica ed un raro momento in cui la burocrazia italiana ha deciso di farsi da parte.
Dal punto di vista tributario, donazione e successione condividono la stessa struttura, ma c’è una differenza sostanziale: con la donazione si può distribuire nel tempo il patrimonio, sfruttando più franchigie per ciascun beneficiario. È la pianificazione che diventa arte fiscale, un po’ di testamento, un po’ di Excel e tanta strategia.
Donare sì, ma con prudenza, perché occorre sempre fare molta attenzione, giacché donare non significa “fare sparire” i beni dall’eredità. Il Codice Civile prevede che le donazioni vadano riunite fittiziamente nel patrimonio del defunto per calcolare la quota di legittima e i beni donati rientrano nel calcolo attraverso la collazione e la riunione fittizia. Insomma, se doni troppo, il Codice Civile ha già previsto la contromossa sulla scacchiera e gli eredi esclusi possono sempre chiedere un riequilibrio economico, non fisico, con una mossa da “difesa siciliana”. Del resto in Italia puoi scegliere di essere previdente, ma non puoi sfuggire all’equità… neanche da morto.
Ciononostante, la pianificazione patrimoniale è come un’opera d’arte, richiede tempo, precisione e un po’ di ispirazione fiscale e non è un lusso per ricchi, ma un gesto di responsabilità, giacché chi lascia tutto “al destino” si affida alla legge più spietata di tutte: quella del caos familiare. Chi, invece, combina “testamento + donazione”, trasforma la propria successione in un’opera d’ingegneria giuridico-fiscale, un’opera d’arte appunto dove il testamento disegna i contorni, la donazione stende i colori e il testatore finalmente toglie la cornice arrugginita della burocrazia.
Ed allora ecco le cinque regole d’oro della pianificazione testamentaria
Scrivi un testamento (vero) – non lasciare appunti sulla carta del panettiere: servono data, firma e notaio.
Dona con moderazione – evita di svuotare tutto un lato della famiglia: il Codice Civile ha la memoria lunga.
Pianifica con l’aiuto competente – il testamento è un atto giuridico e tutti ci mettono sempre lo zampino, compreso il Fisco.
Aggiorna il testamento – non vale per sempre: matrimoni, divorzi e nuovi amori possono cambiare tutto.
Spiega le tue scelte – lascia chiarezza, non sospetti: una parola in più oggi vale una causa in meno domani.
Le regole della pianificazione patrimoniale suonano come una sinfonia, alla quale serve un direttore (il testatore), strumenti ben accordati (i beni), e nessun trombone stonato (gli eredi in lite)!


