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Fisco

SPILLI EREDITARI- Patto di famiglia, donazione nuda proprietà o trust? Tre strumenti, tre filosofie e un solo obiettivo: salvare l’impresa dai parenti

di Piero Sanna Randaccio

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Blast
nov 12, 2025
∙ A pagamento

Il grande tabù del passaggio generazionale aziendale per l’imprenditore si muove tra due ansie esistenziali: non pagare troppe tasse e non vedere i propri figli distruggere ciò che ha costruito.

Peccato che il Codice civile, in fatto di empatia, sia paragonabile a un revisore dei conti in un audit di ferragosto, che non conosce né affetti né continuità aziendale, per lui, la morte è solo un momento contabile. Così, mentre l’imprenditore pensa a “lasciare un’eredità”, la legge pensa a “ripartire l’eredità”.

È qui che entrano in scena tre protagonisti del diritto moderno – il Patto di Famiglia, la Donazione e il Trust – come tentativi di riportare ordine dove da secoli regnano DNA, orgoglio e aliquote.

In teoria, dovrebbero garantire la continuità dell’impresa, in pratica, sono tre approcci alla stessa domanda: “Come evitare che l’azienda di papà diventi la guerra di successione?”

Il Patto di famiglia, strumento riconosciuto dal Codice civile (articolo 768-bis e seguenti), è l’unico caso di “successione piena anticipata” con il notaio in prima linea, in cui la legge italiana ammette l’accordo futuro per la successione e attraverso il quale l’imprenditore trasferisce l’azienda o le quote societarie a un discendente – il delfino designato – compensando gli altri eredi direttamente o indirettamente con beni o denaro.

In teoria, la soluzione perfetta, in cui si evitano liti, si pianifica equamente e si preserva l’impresa; in realtà… dipende da chi firma, tra i diversi legittimari a dover far di conto su valori e compensazioni da brivido e basta un fratello che contesti la valutazione dell’azienda o una sorella che non si riconosce nel compenso e il “patto” diventa un preambolo di contenzioso, sicuramente familiare e poi civile!!

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