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Tecnologia

Silenzio, sto pensando. Cronache da un cervello sotto assedio

di Luisa Di Giacomo

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Blast
set 10, 2025
∙ A pagamento
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Ci sono giorni, quasi tutti per la verità, in cui mi sveglio e sento una cacofonia di suoni che nemmeno la più urticante delle suonerie da sveglia. È ancora buio. Non sono io a cercare il mondo, è il mondo che mi si rovescia addosso sotto forma di byte. Apro gli occhi, ma non sono davvero sveglia. Scorro. WhatsApp, Telegram, Slack, Gmail, Instagram, LinkedIn, TikTok. Scorro ancora. Scroll compulsivo prima del caffè, prima del pensiero, prima di me. La mattina non ha più l’oro in bocca: ha il badge di notifica. E morde.

La guerra silenziosa per la nostra attenzione

Non siamo distratti. Siamo assediati. Da messaggi a cui rispondere, commenti da moderare, like da intercettare, messaggi vocali da 3 minuti e 47 secondi (più che un messaggio la puntata di un podcast), emoji passivo-aggressive da decifrare. Siamo il bersaglio di un sistema progettato scientificamente per tenerci dentro, non per lasciarci andare.

Nel mondo digitale, l’attenzione è il petrolio. Lo so che l’ho detto tante volte riferendomi ai dati personali, ed è ancora vero pure quello, ma ora che i nostri dati viaggiano allegramente e inconsapevolmente nel web a disposizione di chiunque sappia cosa farsene, è cominciata una nuova sfida.

A differenza dell’oro nero, tuttavia, l’attenzione è una risorsa infungibile: una volta che l’hai persa non la recuperi più e difficilmente la puoi sostituire. Eppure, continuiamo a trivellare noi stessi, ad accettare condizioni d’uso che in cambio di una manciata di gratificazioni ci sottraggono ore di vita fisica e mentale.

Se l’attenzione è un bene, chi lo regola? Se è una risorsa, chi la protegge? Se è un diritto, perché non è ancora nell’articolo 1 della Costituzione (ok, almeno nei primi 12)?

La dittatura della reperibilità

Il paradosso è questo: ci siamo illusi che essere connessi ci rendesse liberi. Invece ci ha resi disponibili. Sempre. Ovunque. A chiunque.

Mi scrivono alle 22.47 per “un’urgenza”. Mi mandano un memo vocale la domenica. Mi chiedono una consulenza su Instagram. Mi danno buca via emoji.

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