Non fa più notizia. O meglio, fa notizia nei titoli, nelle circolari, nelle e-mail dei commercialisti che avvisano i clienti. Ma nella testa delle persone la rottamazione quinquies non è un evento. È una ricorrenza. Qualcosa che si sa tornerà, prima o poi. Il nome stesso lo ammette: quinquies. Non è più un salvagente lanciato in mare aperto, è una fermata dell’autobus. Se la perdi, passerà la prossima.
Prima di addentrarci nelle sue pieghe normative si anticipa subito la previsione che dice più di mille analisi: possono aderire anche coloro che sono decaduti dalle precedenti rottamazioni. Chi non ha finito di pagare la ter può rientrare. Chi è decaduto dalla quater, cioè per i cui carichi alla data del 30 settembre 2025 si è già determinata l’inefficacia della definizione, può rientrare nella quinquies. Chi invece, alla stessa data, ha versato tutte le rate scadute al 30 settembre 2025 della rottamazione-quater non potrà ridefinire quegli stessi debiti con la quinquies. Il sistema premia chi si è fermato, esclude chi ha tenuto il passo. Non è un giudizio morale, è un dato tecnico che ci dice che uno strumento emergenziale è diventato ordinario. La rottamazione ha perso la sua aura di “occasione irripetibile”. È entrata nel novero delle cose che si ripetono. E quando qualcosa si ripete abbastanza volte, smette di essere urgente.
Bene. Al netto di tutto questo, resta da capire cosa prevede concretamente la rottamazione quinquies. Perché al di là delle considerazioni sulla sua natura ormai endemica, le scadenze sono reali e le regole vanno rispettate.



