Con il Ddl di Bilancio 2026 in via di approvazione, il legislatore riscrive – ancora una volta – il capitolo delle definizioni agevolate. La cosiddetta rottamazione quinquies si presenta come un’estensione straordinaria della rottamazione-quater, con una novità di rilievo: il pagamento in 54 rate bimestrali, vale a dire in nove anni. Una durata inedita, destinata a segnare l’orizzonte fiscale di un’intera fase economica.
La narrazione ufficiale è quella dell’opportunità. Il contribuente viene invitato a “saldare i conti con il fisco” grazie a un piano di lungo periodo, costruito per garantire respiro e sostenibilità. Ma è davvero così?
Una premessa è necessaria: la nuova rottamazione non è per tutti. Sono esclusi coloro che non hanno mai presentato dichiarazioni, e chi ha debiti frutto di accertamento.
L’esclusione dei c.d. “furbi” è la grande novità di facciata. Chi non ha mai dichiarato, verosimilmente, non attendeva la rottamazione giusta: non ha debiti rottamabili, né, spesso, intenzione di mettersi in regola. Chi invece ha presentato le dichiarazioni e poi ha scelto di non pagare, quel contribuente sì che può accedere alla quinquies. Magari è alla quinta adesione. Ha già fatto la prima, la seconda, la terza, la quarta. È decaduto da tutte. E ora riprova. In pratica restano ammessi molti “rottamatori seriali”, compresi quelli decaduti da tutte le precedenti edizioni.
La vera cifra della nuova rottamazione è nei tempi di pagamento. Cinquantaquattro rate bimestrali in nove anni, con decadenza prevista in caso di mancato pagamento di due rate (anche non consecutive) o della sola ultima rata. Con effetto immediato e senza possibilità di recupero.
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