Rottamazione e definizione delle liti pendenti: è possibile un nuovo binomio?
di Simona Baseggio e Barbara Marini
Chissà se nelle pieghe della manovra 2026 potrà trovare spazio anche la definizione agevolata delle liti fiscali pendenti. Non si tratta di un’ipotesi fantasiosa né di una semplice suggestione accademica: lo schema è ormai già abbastanza collaudato.
Dal 2016 in poi, la storia fiscale italiana ha visto il proliferare di misure di sanatoria destinate tanto ai debiti iscritti a ruolo quanto alle controversie tributarie pendenti. L’alternanza (spesso simultanea) tra rottamazioni dei ruoli e definizione dei giudizi ha costruito un binomio che si è riproposto in modo sistematico in molte delle leggi di bilancio o nei relativi decreti collegati. Il D.L. 193/2016 ha aperto la strada con la prima “rottamazione”, cui ha fatto seguito, poco dopo, la definizione delle liti fiscali prevista dall’art. 6 del D.L. 119/2018. Il copione si è ripetuto con varianti minime: una nuova sanatoria dei ruoli col D.L. 148/2017, poi la “rottamazione-ter”, fino ad arrivare alla rottamazione-quater del 2023, inserita nella L. 197/2022, accompagnata, puntualmente, dalla definizione delle liti pendenti all’articolo 1, commi 186 ss., della stessa legge. In tutti questi casi, la logica è rimasta immutata: si premia chi ha già una posizione formalizzata, che sia iscritta a ruolo o in discussione presso le Corti di giustizia tributaria, a scapito, spesso, del contribuente virtuoso che ha pagato nei termini. Il contenzioso fiscale diventa così una moneta negoziabile, il cui valore aumenta con la durata della lite.
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