Revoca delle dimissioni: tutela del lavoratore o nodo irrisolto per le imprese?
di Gabriele Silva
Con l’ordinanza n. 24991/2025, la Corte di cassazione ha affrontato uno dei punti più delicati del diritto del lavoro contemporaneo: la revoca delle dimissioni presentate dal lavoratore durante il periodo di prova. Una vicenda che, a prima vista, sembrerebbe un dettaglio tecnico, ma che in realtà porta alla luce il cuore pulsante della normativa sulle dimissioni telematiche: la tutela del lavoratore contro il fenomeno delle cosiddette “dimissioni in bianco”.
Il caso e il nodo interpretativo
Un dipendente, assunto con patto di prova, presenta le dimissioni. Dopo pochi giorni, cambia idea e le revoca, sfruttando la possibilità concessa dall’articolo 26 del D.Lgs. 151/2015, che consente al lavoratore di tornare sui propri passi entro sette giorni dall’invio telematico. L’azienda, convinta che tale facoltà non valesse in periodo di prova, respinge la revoca. La vicenda finisce in tribunale e arriva fino alla Cassazione, che ribalta l’interpretazione dell’impresa e conferma la piena validità della revoca.
Per capire la portata della decisione bisogna guardare al contesto normativo. L’articolo 26 ha avuto un obiettivo preciso: contrastare le “dimissioni in bianco”, ossia quella prassi per cui al lavoratore veniva fatto firmare in anticipo un foglio di dimissioni, pronto per essere usato dal datore in caso di conflitto o convenienza. Una pratica subdola, che colpiva soprattutto le categorie più fragili, e che il legislatore ha voluto stroncare imponendo una procedura telematica obbligatoria, con tanto di possibilità di revoca entro sette giorni.
La posizione del Ministero e la circolare 12/2016
Eppure, nel 2016, il Ministero del Lavoro – attraverso la circolare n. 12 – aveva escluso l’applicazione di questa disciplina alle dimissioni rese in periodo di prova
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