Reputazione sostenibile: come adattare i grandi modelli europei alla propria azienda
di Andrea Tordini
La sostenibilità è ormai una dimensione strutturale dell’impresa moderna, parte integrante dei processi decisionali e della creazione di valore. Non è più un tema accessorio: è un modo di governare. Le nuove normative europee - dalla Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD) agli standard ESRS - hanno reso evidente che la transizione sostenibile non è solo una sfida tecnologica, ma soprattutto una sfida di governance, serve coerenza tra ciò che dichiara e ciò che governa.
Questa coerenza, nelle organizzazioni più evolute, si traduce in una regia chiara: obiettivi ESG integrati nei piani industriali, ruoli definiti, misurazioni periodiche e una rendicontazione che dialoga con finanza e stakeholder.
Dai progetti alla strategia: cosa insegnano le aziende europee
Tra le aziende che incarnano questa visione sistemica, Ørsted rappresenta un caso di scuola. L’azienda danese, oggi tra i principali operatori mondiali dell’eolico, ha completato l’abbandono del carbone nel 2024 e ha inserito i target climatici direttamente nel proprio bilancio integrato.
Enel, dal canto suo, ha ancorato la propria strategia industriale agli obiettivi di decarbonizzazione al 2040, collegando la crescita delle rinnovabili e la digitalizzazione delle reti alle performance economiche. Il suo Sustainability Report 2023 dimostra come la transizione ecologica, se governata, diventi una leva competitiva.
Accanto a questi modelli ambientali, emergono progetti sociali che mostrano come la sostenibilità vada oltre il perimetro climatico. L’Oréal, attraverso la Fondation L’Oréal e il programma For Women in Science, in collaborazione con UNESCO, sostiene da oltre vent’anni la carriera scientifica delle donne. Nel 2024 il progetto ha raggiunto più di 3.900 ricercatrici in 110 Paesi, con un impatto tangibile sull’inclusione e sull’uguaglianza professionale.
Unilever, con l’iniziativa Unstereotype Alliance lanciata insieme a UN Women, lavora per eliminare stereotipi di genere nella comunicazione e nel marketing, promuovendo un linguaggio pubblicitario equo e inclusivo. È un esempio di come l’impegno sociale possa trasformarsi in reputazione solida e vantaggio competitivo.
Anche in ambito di governance alcune imprese europee si distinguono per l’approccio strutturato. Schneider Electric ha introdotto un Sustainability Impact Program che collega gli obiettivi ESG alla remunerazione variabile dei manager e al piano industriale, con risultati verificati trimestralmente. Nel 2025 è stata nominata da Corporate Knights come “Most Sustainable Corporation in Europe”, a conferma della coerenza tra governance, obiettivi e risultati.
Infine, Allianz, nel settore finanziario, rappresenta il paradigma della governance integrata: il Net-Zero Transition Plan approvato dal CdA lega la politica di investimento agli impegni climatici, traducendo la sostenibilità in un criterio tecnico di gestione del rischio e allocazione del capitale.
Oltre i “progetti spot”: la sostenibilità come leva strategica
Dalle esperienze dei grandi gruppi europei emerge un messaggio netto: la sostenibilità “utile” non nasce da progetti isolati, ma da una architettura di governance capace di integrare visione, obiettivi, responsabilità e monitoraggio.
Nei modelli più avanzati, il consiglio di amministrazione assume la regia strategica, approvando target ESG misurabili, mentre il management li traduce in azioni operative con budget e indicatori chiari. A completare il quadro, serve una governance del dato: i risultati devono essere tracciabili, auditabili e comparabili.
Un secondo elemento distintivo è la visione estesa della catena del valore. Le imprese più mature comprendono che l’impatto reale non si limita ai confini aziendali, ma coinvolge fornitori, clienti e comunità. Ecco perché progetti di due diligence, codici di condotta e programmi di formazione stanno diventando strumenti di gestione ordinaria.
Infine, la sostenibilità deve dialogare con la finanza. Quando i risultati ESG incidono sul costo del capitale o sul rating creditizio, la sostenibilità smette di essere una buona pratica e diventa strategia. È questo il passo che molte PMI dovranno compiere per passare dal racconto all’integrazione.
Misurare il valore della sostenibilità
Contrariamente a quanto i più possono pensare, la sostenibilità è misurabile. Ogni iniziativa, se ben progettata, genera ritorni economici, sociali e reputazionali. Un investimento nella sicurezza riduce infortuni e assenteismo; un programma di inclusione migliora la produttività e la fidelizzazione; un progetto di efficienza energetica libera risorse e rafforza la resilienza.
Spunti operativi per chi guida la sostenibilità
Chi oggi guida funzioni ESG o progetti trasversali deve pensare e agire in modo sistemico. Alcuni passaggi si rivelano fondamentali:
definire le responsabilità, chiarendo ruoli decisionali e operativi;
collegare gli indicatori ESG ai risultati economici, mostrando il nesso tra sostenibilità, margine e reputazione;
gestire un portafoglio di progetti, valutando priorità e ritorni in ottica di medio periodo;
ampliare il perimetro dell’impatto, sia includendo che coinvolgendo attivamente gli stakeholder chiave;
integrare la sostenibilità nei piani strategici e nella reportistica, evitando che resti confinata nei report annuali.
Dalla buona volontà alla creazione di valore
Le imprese che guidano la trasformazione - da Ørsted a L’Oréal, da Enel a Schneider Electric - hanno capito che quando si parla di sostenibilità non si tratta di “fare di più”, ma di fare meglio e con coerenza.
Il ruolo dei responsabili della sostenibilità, oggi, è quello di veri architetti del valore: figure capaci di leggere gli impatti, misurarli e tradurli in vantaggi competitivi. Come ha ricordato Paul Polman, ex CEO di Unilever, “Business cannot succeed in societies that fail”.
Nel nuovo scenario europeo, questo è il punto d’arrivo: una sostenibilità che genera fiducia, reputazione e crescita. Perché non è solo un comportamento etico, ma una scelta strategica, consapevole e che genera fiducia dentro e fuori l’azienda.


