Quando l’indennizzo diventa reddito: la bussola dell’articolo 6, comma 2, del TUIR
di Simona Baseggio e Barbara Marini
La risposta dell’Agenzia delle Entrate n. 91 dell’8 aprile 2025 offre l’occasione per tornare su un principio fondamentale dell’ordinamento tributario, codificato all’articolo 6, comma 2, del TUIR, riguardante il trattamento fiscale dei proventi sostitutivi di reddito. L’istanza sottoposta all’Agenzia riguardava la possibilità di applicare la cedolare secca (anche) al contributo erogato da un Comune al locatore quale compensazione per la riduzione del canone di locazione in un contratto a canone concordato. L’Amministrazione ha ritenuto che tale contributo, essendo volto a compensare la perdita di un reddito (ossia la parte del canone non più percepita), debba essere qualificato come provento sostitutivo e, come tale, soggetto allo stesso regime fiscale del reddito sostituito. Nel caso di specie, quindi, anche il contributo è assoggettabile a cedolare secca.
Tale (condivisibile) presa di posizione è utile per ripercorrere, in una prospettiva sistematica, la logica sottesa all’articolo 6, comma 2, del TUIR, disposizione di riferimento nel trattamento fiscale dei proventi che si sostituiscono a un reddito ordinario.
La norma stabilisce che "i proventi conseguiti in sostituzione di redditi, anche per effetto di cessione dei relativi crediti, e le indennità conseguite, anche in forma assicurativa, a titolo di risarcimento di danni consistenti nella perdita di redditi (...) costituiscono redditi della stessa categoria di quelli sostituiti o perduti". La razionalità fiscale di tale previsione risiede nell’esigenza di evitare che la perdita del reddito ordinario (per ragioni accidentali o patologiche) si traduca anche nella perdita dell’imposizione correlata: se il reddito è stato solo surrogato da un provento diverso, resta salvo l’obbligo impositivo, anche se in forma indiretta.
A tale principio si affianca, in negativo, quello per cui non costituiscono reddito – e dunque non sono imponibili – le somme risarcitorie che reintegrano il patrimonio del soggetto danneggiato senza sostituire alcun reddito: si pensi al classico danno emergente. Il discrimen tra lucro cessante (tassabile) e danno emergente (non tassabile) si pone quindi come criterio dirimente ai fini della tassazione.
Una fattispecie significativa è rappresentata dalla risposta a interpello n. 191/2023, riguardante il trattamento fiscale del rimborso per “mancato guadagno giornaliero” corrisposto a volontari della protezione civile che, sebbene titolari di partita IVA, partecipavano alle attività emergenziali in qualità di iscritti a organizzazioni di volontariato riconosciute. L’Agenzia ha chiarito che, ai sensi dell’articolo 39, comma 5, del Codice di protezione civile, tali rimborsi costituiscono “lucro cessante” e, come tali, sono soggetti a imposizione. Non assume rilievo il fatto che l’attività svolta sia gratuita e non professionale: ciò che rileva, ai fini fiscali, è la finalità compensativa della somma ricevuta, che si sostituisce a un reddito ordinariamente prodotto nello svolgimento dell’attività lavorativa autonoma.
Un’applicazione ricorrente del principio sancito dall’articolo 6, comma 2, del TUIR si rinviene, ad esempio, nel trattamento fiscale delle indennità erogate in sostituzione di redditi da lavoro, siano essi dipendenti o autonomi. Si pensi, per il primo caso, alle indennità di disoccupazione, malattia o maternità corrisposte dall’INPS, ovvero, per il secondo, alle somme assicurative percepite da un professionista a fronte di eventi che abbiano impedito lo svolgimento dell’attività lavorativa. In tutte queste ipotesi, ciò che giustifica l’imposizione non è la fonte da cui provengono le somme, ma la loro natura sostitutiva rispetto a redditi ordinariamente soggetti a tassazione.
Nel solco interpretativo delineato, anche le somme corrisposte a titolo di indennità per occupazione abusiva di un immobile sono imponibili quando sostitutive del canone di locazione (e dunque qualificabili come lucro cessante), mentre sono escluse da imposizione se attengono al ristoro di danni materiali (danno emergente), come ribadito dalla giurisprudenza di merito (sentenza 4.4.2022, n. 235, della Commissione tributaria regionale di Cagliari).
Di segno opposto sono invece alcune fattispecie esaminate in ambito giurisprudenziale: risarcimenti per demansionamento professionale, qualora volti a ristorare la perdita di chance o la mancata progressione di carriera, sono stati ritenuti non imponibili in quanto riferibili a un danno emergente, purché adeguatamente provato (Cass. civ., Sez. III, 25 maggio 2007, n. 12243; Cass. civ., Sez. Un., 24 marzo 2006, n. 6572). Diversamente, ove la lesione si concretizzi in mancati guadagni, la tassazione è dovuta.
In definitiva, l’articolo 6, comma 2, del TUIR si conferma non solo norma di raccordo tecnico (che stabilisce il criterio di tassazione del reddito sostituito), ma presidio logico che vincola il sistema dell’imposta sul reddito a un criterio di effettiva capacità contributiva. La risposta ad interpello n. 91/2025 richiamata all’inizio, pur nella sua specificità, contribuisce a consolidare una linea interpretativa che riconosce – nella funzione economica del provento – il parametro decisivo per qualificarne la rilevanza fiscale.