Quale sorte (tributaria) per la cessione di immobile ristrutturato con spese sostenute da terzi?
di Giuseppe Rebecca
La plusvalenza relativa alla cessione a titolo oneroso di un immobile costruito da non più di cinque anni costituisce un reddito diverso, ex articolo 67, comma 1, lettera b), del TUIR.
Per effetto della nuova lettera b-bis) del medesimo articolo 67, comma 1, risultano imponibili altresì le plusvalenze derivanti dalla cessione a titolo oneroso, avvenute dopo l’1/1/2024, di immobili in relazione ai quali il cedente o gli altri aventi diritto abbiano eseguito gli interventi agevolati di cui all'articolo 119 del Dl 34/2020, ossia il c.d. “Superbonus”, che si siano conclusi da non più di dieci anni all'atto della cessione.
Uniche eccezioni gli immobili acquisiti per successione o adibiti per la maggior parte del periodo (tra acquisto o costruzione e cessione) ad abitazione principale del cedente o dei suoi familiari.
In questo contesto, occorre rilevare che eventuali spese di costruzione o ristrutturazione di un immobile possono essere sostenute, oltre che dai proprietari o nudi proprietari, dai titolari di un diritto reale di godimento sul bene – come usufrutto, uso, abitazione -, dai soci di cooperative a proprietà divisa e indivisa, dai detentori (locatari, comodatari) dell’immobile (Circolare 24.02.1998 n. 57, paragrafo 2), dai familiari conviventi, dal coniuge separato assegnatario dell’immobile intestato all’altro coniuge (Circolare 09.05.2013 n. 13/E, risposta 1.2), dai conviventi di fatto di cui all’art. 1, commi 36 e 37, della legge 20 maggio 2016, n. 76 (c.d. legge Cirinnà), dal futuro acquirente. Qualora poi l’unità immobiliare fosse in comproprietà fra più soggetti, le spese potrebbero essere sostenute anche in quote diverse dai comproprietari.
Il soggetto che materialmente paga le spese relative agli interventi edilizi non necessariamente coincide con quello in capo al quale va imputata l’eventuale plusvalenza.
Si pongono quindi le seguenti questioni: nel caso di vendita del bene plusvalente, ma con spese sostenute da terzi, come va calcolata la plusvalenza tassata come reddito diverso? Il proprietario venditore, tenuto a dichiarare il reddito, può tener conto dell’importo delle spese sostenute da terzi? E, nell’ipotesi di comproprietà, con spese sostenute non da tutti i comproprietari, chi è tenuto a dichiarare il reddito diverso in caso di vendita? Tutti i comproprietari con detrazione delle spese ammesse in proporzione?
A quanto consta, non si riscontrano risposte ufficiali da parte dell’Agenzia delle Entrate al riguardo né pronunce giurisprudenziali in merito.
I chiarimenti riguardanti le cessioni post superbonus
A seguito dell’introduzione della lettera b-bis) dell’articolo 67, comma 1, del Tuir, l’Agenzia delle Entrate (circolare n. 13 del 13 giugno 2024), ha sì trattato il caso di interventi edilizi conclusi da soggetti terzi che hanno beneficiato del Superbonus, ma solo con riguardo al presupposto impositivo. Nello specifico, in linea con il dettato normativo, è stato affermato che risultano imponibili anche le plusvalenze che si originano per effetto di cessioni con interventi conclusi da “altri aventi diritto”, ovvero da terzi. Nulla però è stato precisato in ordine alla determinazione della plusvalenza, ossia se le spese per gli interventi edilizi possono essere portate in deduzione – in misura piena in assenza di opzione per lo sconto in fattura o cessione della detrazione, oppure nella misura del 50 per cento per le cessioni avvenute dopo 5 anni dall’intervento nel caso di esercizio di tali opzioni nel contesto del Superbonus 110 per cento – anche se sostenute da terzi.
Sulla stessa scia, in un articolo pubblicato su “Fisco Oggi” il 15 luglio 2024, che prendeva le mosse da una richiesta di un contribuente in relazione all’imponibilità della plusvalenza nel caso di cessione speculativa susseguente a interventi edilizi per i quali si è fruito del Superbonus, con spese sostenute dal comodatario, si è giunti alle medesime conclusioni. Difatti, anche in tal caso la risposta è stata positiva; in particolare si legge che “gli immobili interessati sono tutti quelli sui quali sono stati effettuati interventi ammessi al Superbonus (anche quelli non residenziali), a prescindere dal soggetto che ha eseguito i lavori (proprietario o altri “aventi diritto” alla detrazione - conduttore, comodatario, familiare convivente, eccetera), dalla loro tipologia (trainanti o trainati), dalla percentuale di detrazione spettante e dalla modalità di fruizione di questa”.
Anche il Notariato (Studio n. 15 dell’1 febbraio 2024) era in precedenza sostanzialmente giunto alle medesime conclusioni. Nel paragrafo denominato “B2.1 Cessione onerosa operata dal proprietario che abbia ad oggetto un bene su cui “altri soggetti” abbiano effettuato interventi ex art. 119” è infatti stato riportato che la plusvalenza determina redditi diversi a prescindere da chi abbia effettivamente sostenuto i costi relativi agli interventi agevolati da Superbonus.
Un esempio pratico
La questione della deducibilità, ai fini della determinazione delle plusvalenze che costituiscono redditi diversi, delle spese sostenute da terzi, non solo nell’ambito del Superbonus, ma anche per gli altri interventi edilizi, non è stata però trattata.
Così che si possono verificare situazioni come il caso di un immobile di proprietà di un figlio da oltre 5 anni, detenuto in comodato da un genitore (che non lo ha destinato ad abitazione principale), il quale, nel 2023, ha sostenuto le spese riconducibili ad interventi edilizi eseguiti avvalendosi del Superbonus ed altri incentivi fiscali.
Al momento dell’esecuzione dei lavori non si ponevano problemi in ordine alla tassabilità di eventuali plusvalenze conseguite, posto che la disposizione recata dalla lettera b-bis) più volte sopra richiamata non era ancora entrata in vigore. Di conseguenza l’eventuale cessione dell’immobile, dopo 5 anni dall’acquisto, secondo la normativa all’epoca vigente, non avrebbe generato alcun reddito diverso.
L’intervento del legislatore ha tuttavia poi cambiato lo scenario, scombinando i programmi dei contribuenti, che magari – a saperlo prima… – avrebbero potuto strutturare l’operazione in modo diverso, ad esempio con donazione al figlio degli importi necessari per sostenere le spese. L’eventuale plusvalenza derivante dalla cessione – se avviene entro 10 anni dall’acquisto – risulta infatti ora imponibile, con il dubbio della deducibilità delle spese sostenute da terzi.
Conclusioni
Ad ogni modo, si ritiene che in sede di determinazione della plusvalenza tali spese debbano essere considerate in diminuzione. Magari, risulterebbe opportuna una norma di interpretazione autentica in tal senso.