Preservare la reputazione (e non solo) dei club sportivi: l’importanza di conoscere i potenziali partner prima che sia troppo tardi
di Andrea Tordini
In un’epoca in cui il confine tra sport e business è sempre più labile, e in cui ogni organizzazione sportiva è costantemente esposta agli occhi del mondo, la gestione dei rapporti con le terze parti, siano essi sponsor, fornitori, agenti sportivi, consulenti, rappresenta un terreno tanto strategico quanto rischioso. Non solo per ragioni meramente etiche o reputazionali, ma anche e soprattutto per il potenziale coinvolgimento in responsabilità penali, finanziarie e amministrative.
La due diligence c.d. “etico-reputazionale” è uno degli strumenti chiave per prevenire tali rischi, ma troppo spesso viene vista come un adempimento burocratico o come un ostacolo al business. La realtà è un’altra: non sapere con chi si sta facendo affari, o accontentarsi di immaginarlo (spinti dal convincimento degli intermediari d’affari coinvolti) può costare caro, in termini economici, di immagine e di responsabilità.
Perché i controlli sulle terze parti non sono più negoziabili
Le società sportive si affidano ad una rete complessa di attori esterni, che vanno dagli sponsor ai fornitori di servizi, dagli agenti sportivi ai partner digitali. Ma ogni soggetto con cui si intrattiene un rapporto economico può diventare una fonte di rischio (e anche di opportunità sia chiaro).
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