“Premio” - LE PAROLE DI BLAST
di Cristina Marchesan
Se fiscalmente, il regime “premiale” è un’agevolazione che il Fisco concede a fronte di determinati comportamenti, non obbligatori bensì opzionali; nel settore assicurativo, la parola “premio” risulta ampiamente conosciuta ed utilizzata.
Anzi, si potrebbe dire che probabilmente rappresenta uno dei principali cardini portanti dell’impianto assicurativo. Nell’ottica di voler “premiare” chi si assume un rischio, questo termine, utilizzato tutt’oggi nello specifico settore, arriva da lontano, quando i mercanti usavano scommettere con gli armatori sul buon esito del viaggio.
Che le compagnie assicurative guadagnino sempre e comunque - salta alla mente il banco del casinò - e vengano ampiamente “premiate” dai clienti, è un dato di fatto.
Dal latino praemium, composto da prae- “pre-” e emĕre “prendere, acquistare”, la parola significa “ciò che è preso prima”.
Più in generale, potremmo definirla una voce dalla connotazione positiva che psicologicamente verrebbe percepita come un regalo, ambito e meritato, da “incassare” con orgoglio.
Certamente, per tutto quel che riguarda le diverse discipline sportive, ogni atleta, fin da giovanissimo, dedica tempo, energia e passione al suo sport preferito con il sogno di ottenere un qualche riconoscimento futuro che vada a “premiare” la costanza e il duro lavoro di anni e che sfoci magari in una gratificazione ufficiale. Gareggiare fin da subito consentirebbe di allenare anche lo spirito agonistico, personale o di squadra, abituando a controllare le emozioni e l’ansia per usarle a proprio vantaggio durante le competizioni. In questo modo, il fatto di partecipare ad una gara e di portarla a termine, permetterebbe già il raggiungimento di un primo traguardo dato dalla capacità personale di mettersi in gioco. Non sarebbe dunque la medaglia, ma la forza d’animo sviluppata durante tutto il percorso - ovviamente non solo quello di gara - ad aumentare la fiducia nelle proprie risorse e l’intimo valore che ognuno di noi attribuisce a sé stesso. Il “non mollare” rappresenterebbe così il “premio” principale.
Lo stesso discorso si può tranquillamente applicare alla maggior parte delle discipline dell’arte; un esempio ne è la musica che richiede una vita di impegno e sacrificio e in cui il talento costituisce solo una parte delle qualità necessarie per non desistere dal percorrere questa strada. Purtroppo, il riconoscimento del merito in campo artistico - a parte rari casi - rimane tutt’oggi un miraggio lontano sia dal punto di vista umano che da quello economico e anche chi continua a credere in quello che fa spesso rischia di abbattersi e di cedere allo sconforto. Resta il fatto che, senza un piano B, un pittore, scrittore o musicista che sia, normalmente si appresta a morire povero, per giunta aspramente criticato per le scelte fatte da vivo e, per ironia della sorte, nel paradosso di venire “premiato” con un qualche riconoscimento alla memoria dopo la dipartita.
Solo per citare alcuni fra i grandi del passato della letteratura e della poesia come Edgar Allan Poe o il nostro Ugo Foscolo; e delle arti figurative come Vincent Van Gogh, Amedeo Modigliani o Antonio Ligabue; nonché della musica quali Franz Schubert; tutti scomparsi in povertà, sembra che poco, o nulla, sia cambiato.
Eppure, il settore artistico, se ben organizzato, avrebbe tutte le potenzialità e le carte in regola per produrre anche ricchezza economica.
Un “premio” artistico letterario nazionale o internazionale può, senza dubbio, essere in grado di veicolare persone e quindi denaro nel luogo in cui si svolge la manifestazione, non solo portando lustro alla città che lo ospita, ma più concretamente riempiendo alberghi e ristoranti, arricchendo così l’economia del posto e promuovendo la sua visibilità anche al di fuori dello specifico contesto. Resta quindi un mistero il perché chi amministra la res publica non intervenga per “premiare” ed incentivare questo genere di attività - vista anche la ricchezza culturale propria della nostra penisola - investendo i capitali necessari per far sì che tutto il fiorente patrimonio artistico che possediamo non vada perso nell’incapacità generale di percepirne il valore assoluto e le grandi potenzialità.


